SAN MARCO EVANGELISTA – Riceviamo e pubblichiamo la lettera degli ex operai della 3M: “Sembrerebbe che nella Provincia di Caserta si stia adottando da qualche tempo “la strategia dello struzzo”, con gli esiti visibili . “Lo struzzo, secondo la credenza comune, nasconde la testa sotto la sabbia in caso di pericolo, sicuro di non subire il danno. In questo modo nella politica industriale del territorio Casertano (e non solo) si assiste da anni alla chiusura di miriadi di aziende, della desertificazione industriale, con l a conseguente caduta occupazionale e povertà di una moltitudine di famiglie.

Ad oggi si è solo considerato a come ottenere e mettere in cassa integrazione gli ex operai, dimenticando cosa non sarebbe potuto andare senza mettere in atto una politica, un piano per favorire le aziende (le vere aziende! a investire sul territorio, creando così occupazione, anzi in alcuni casi sembrerebbe che si è fatto e si fa (vedi caso Firema) di tutto per farle andare via “vedi il caso Novamont”, azienda forzatamente dirottata in Sardegna, che voleva investire nella ex 3M e su tutto il territorio ed oggi l’esito è disastroso. I programmi politici parlano di aree industriali da salvare o aree dismesse da recuperare, operai ricollocati in esse, nuovi posti di lavoro, si parla di lavoro in tutte le sue svariate forme, rendendo tutto questo parte di una proposta di programma di governo per l’avvenire della nostra città. Al contrario qui e ora, la realtà ci racconta una storia chiara e semplice riferibile all’assenza di politica, di programmazione industriale territoriale. Negli ultimi anni si sono partoriti molteplici strumenti (vedi accordo di programma ex 3M, ecc. ecc.) atti all’industrializzazione del territorio che si sono poi dimostrati, essere i figli delle regole del gioco, ci si chiede se estranee alla normativa vigente di creare occupazione, rilancio per il territorio, che essa stessa si è data. Le responsabilità non sono esclusivamente della politica. I creatori, le imprese gli organi sindacali talvolta si rivelano i corresponsabili degli effetti negativi. Da un lato troviamo le persone che accettano solo per interessi propri i rapporti con individui e situazioni che in alcuni casi appaiono sostanzialmente incompatibili con le creazioni di opportunità industriali serie nel ridare lavoro. Dall’altro lato s’incontrano, procedure in difformità della normativa paesaggistica e industriale, oppure la variante generale adottata non nei termini di legge e i piani attuativi adottati non in conformità alle normative vigenti ma a quelle che saranno approvate, “se” saranno approvate. Si scrivono le regole che avranno valore solo in seguito, eppure a queste “non-norme” già si adeguano gli strumenti urbanistici che a loro volta dovranno essere approvati, creando un’emulazione del mondo azionistico dei “futures”. Le aree potrebbero essere fittiziamente ritrasformate in industriali per poi (una volta liberatosi degli operai (ex 3M) diventare edificabili, rappresentando un valore mobiliare suscettibile ad appetiti molto diversi da quello industriale. Il territorio ex industriale Casertano e in particolar modo ex 3M di Caserta è trattato come “pacchetto azionario” lo scopo è di incrementare al massimo il valore delle aree per poi immetterle nel mercato con il massimo profitto. L’intera procedura rimane viziata dal cambio di destinazione d’uso da considerarsi sempre e solo su previsioni di trasformazione e non sull’attuale valore del suolo. Gli acquirenti o chi hanno investito capitali, per lo sviluppo industriale, lo hanno fatto su terreni che vedranno rivalutare il loro valore in poco tempo. La strategia dello struzzo fa sì che la politica, e non solo, di fronte al massacro del territorio, alla rapina degli spazi industriali alla perdita d’innumerevoli posti di lavoro e alla città resa più povera, si preoccupi di preservare i guadagni economici dei soliti noti, attraverso il ricatto della crisi lavorativa ed economica. In questo modo si compie l’errore storico di “fare finta di niente”, di non riconoscere che il ” lavoro, in tutte i suoi molteplici punti di vista, è da considerare un bene pubblico” e non una merce o una variabile dipendente da sacrificare a vantaggio di altri beni (profitti, rendite azionarie e finanziarie, ecc.). E se il lavoro è un bene comune, tutti se ne devono prendere cura, e l’obiettivo deve rimanere quello che sia un bene per tutti (cioè senza sacche insopportabili di disoccupazione) e per tutto l’uomo (rispettoso cioè di ogni sua dimensione). Che al contrario non si valuta come unica soluzione la costruzione di altro cemento se non la trasformazione dei suoli industriali in edificabili invece di creare lavoro per dotare la città dei servizi al cittadino. Il bene comune è intangibile, il bene privato è invece immediatamente trasformabile in merce di scambio. La politica sia acuta, coerente, eticamente impeccabile, dalle visioni ampie e non schiacciata sul problema del consenso immediato. Deve essere servizio al bene comune, anche al bene comune “lavoro”.

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