Ancora polemiche sul mancato accordo sindacale al Villaggio dei Ragazzi di Maddaloni a conclusione della riunione del 15 giugno scorso. L’accordo non era stato siglato per l’atteggiamento assolutamente contrario tenuto dalla CGIL provinciale (che ha addirittura abbandonato il tavolo della concertazione, unitamente ai Rappresentanti Sindacali Aziendali) e dalla Rappresentanza Sindacale Aziendale della CISL. E’ forte la tensione tra i lavoratori del Villaggio. Le polemiche si estendono anche fuori del Villaggio e non risparmiano i social network. Ma la volontà dei lavoratori conta ancora o no? Così si legge in un commento su un social. Evidentemente no è la risposta se si considera che l’accordo non è stato raggiunto nonostante l’esito di un referendum tenutosi il 1 giugno tra tutti i lavoratori del Villaggio al termine del quale una larghissima maggioranza dei lavoratori aveva detto sì all’accordo. Ben il 72% si era infatti pronunciato per il sì contro il 26% che si era invece pronunciato per il no (2 erano state le schede nulle). Ma c’è di più. Le sigle sindacali che nel corso della riunione si sono opposte all’accordo non arrivano tutte insieme a rappresentare il 5% dei lavoratori. Una minoranza con una scarsissima rappresentatività che tiene in scacco un’intera comunità di lavoratori opponendosi alla sigla di un accordo non solo voluto dai lavoratori ma espressamente previsto da una Legge dello Stato. Ogni commento appare superfluo. Intanto la Direzione del Villaggio ha corrisposto ai lavoratori la tredicesima mensilità relativa al 2015 (ben 17 ora 16 sono le mensilità arretrate) per dare un po’ di respiro alle tante famiglie in difficoltà. Ed i prossimi stipendi? Queste le parole del Commissario Straordinario della Fondazione Generale Giuseppe Alineri: “Abbiamo corrisposto una mensilità arretrata perché abbiamo avuto la possibilità di farlo e per alleggerire un po’ la tensione tra i lavoratori. Sui prossimi stipendi non posso dare alcuna garanzia. Il raggiungimento del pareggio di bilancio è per me condizione assolutamente ineludibile per la prosecuzione del tentativo di salvezza del Villaggio. La Fondazione vive oggi prevalentemente di contributi pubblici e per ora non potrebbe essere diversamente. La prima fase, prima di avanzare alla fase successiva del rilancio, è appunto quella del raggiungimento del pareggio di bilancio. Per fare ciò abbiamo ridotto in modo drastico, fin dall’inizio, le spese di funzionamento il cui ammontare oggi, conti alla mano, non supera il 20% delle spese di funzionamento delle passate gestioni. In altri termini e per essere molto chiari, oggi i soldi che-intendo sottolinearlo- sono quasi tutti di provenienza pubblica, vengono spesi esclusivamente per il conseguimento delle dirette finalità statutarie della Fondazione ossia per il polo socio-assistenziale e socio-educativo della Fondazione. Ora non si può che procedere con la riduzione del costo del lavoro che, al bilancio dello scorso anno 2015, è stato, da solo, di gran lunga superiore alle entrate. L’unica alternativa al mancato accordo sarebbe procedere a 40/42 licenziamenti. Per mia formazione personale e per miei convincimenti sociali non mi piace procedere a licenziamenti di natura economica, tanto più in un contesto, quale è quello della Provincia di Caserta, ove l’incidenza della disoccupazione è insostenibile. Sono il primo ad essere convinto che non sia giusto che i lavoratori paghino con la riduzione dello stipendio le conseguenze di una gestione del passato che ha creato un buco di 24 milioni di euro ma non c’è altra via d’uscita. Ora, se non si raggiunge il pareggio di bilancio si crea altro debito e non ci può essere salvezza per la Fondazione. Si tratta comunque -è bene ribadirlo- di un tentativo di salvezza, in quanto, al di là di ogni riduzione del costo del lavoro, il debito di 24 milioni di euro non ce lo toglie nessuno. Di conseguenza, per quanto mi riguarda, non intendo spendere denaro pubblico che viene erogato dalla Regione Campania, ossia da un Ente pubblico che finora ha fatto la sua parte, per uno scopo impossibile in partenza. Peraltro, senza il raggiungimento del pareggio di bilancio nessun Tribunale potrà mai approvare il piano di rientro che stiamo redigendo. La CGIL sostiene in un suo comunicato stampa che “il Commissario Straordinario può benissimo procedere, nonostante la mancata firma e assumersi le responsabilità”. Ma di cosa stiamo parlando? Procedere dove? Di responsabilità l’Amministrazione Straordinaria se ne è assunte già fin troppe. E’ comodo ed irresponsabile dire no e lasciare agli altri il problema. Con riguardo alle cattive gestioni del passato che questa Amministrazione straordinaria –e solo questa- sta perseguendo dove stava la CGIL a suo tempo? Lo stesso comunicato della CGIL sostiene che “il referendum avrebbe rappresentato una lacerazione tra i lavoratori”. Che significa? Che la democrazia provoca lacerazioni?Ognuno, comprese le Associazioni sindacali che non hanno sottoscritto l’accordo, si deve assumere le proprie responsabilità”.

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