POMIGLIANO D’ARCO – “Nessuno è più al sicuro, perché Pomigliano è diventata la fabbrica dei licenziamenti”: è quanto si legge su un volantino distribuito oggi davanti allo stabilimento Fiat di Pomigliano, dagli iscritti allo Slai Cobas, che hanno consegnato i proclama ai tanti lavoratori in uscita dallo stabilimento, molti dei quali hanno proseguito a testa bassa, con faccia da funerale, annuendo alle parole dei sindacalisti che gli chiedevano di reagire.

“Il problema non è la crisi ma la Fiat – si legge sul proclama – non si era mai vista una nuova fabbrica con un nuovo modello che va in Cig dopo appena sette mesi. La Fiat sta servendo un biscotto avvelenato già servito da Marchionne all’Alfa di Arese, a Termini Imerese ed all’Irisbus di Flumeri. Il Lingotto dopo aver ‘cannibalizzato’ l’Alfa Romeo nel 1986, regalatagli dall’allora presidente dell’IRI, Romano Prodi, e con l’appoggio di un vergognoso accordo sindacale firmato con Fiom, Fim e Uilm, non ha mai rispettato le clausole del contratto di cessione che prevedeva la tenuta degli stabilimenti ed il rilancio del marchio in Italia e nel mondo. I lavoratori hanno subito gravi danni economici, con il marchio che è in vendita e/o in produzione in vari Stati del mondo, ed il danno sociale ed economico pubblico è grave”. Dal sindacato di base, quindi, ribadiscono che “come per la Repsol requisita in Argentina, oggi si pone il problema della restituzione al pubblico del brand e degli stabilimenti Alfa Romeo e dei finanziamenti multimiliardari concessi dallo Stato alla Fiat e dei proventi realizzati dal Lingotto con la speculazione industriale quali, ad esempio, la vendita di milioni di metri quadrati di suolo di Arese in funzione della speculazione Expo 2015: lo Slai cobas – concludono – si sta attivando anche per questo, ma gli operai tutti, con coerenza e coraggio, dovranno fare la propria parte”.

 

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