NAPOLI – E’ un bilancio negativo per l’economia quello che si registra nella provincia di Napoli per il 2011 (solo l’export tiene) e la tendenza per il 2012 è altrettanto ‘pesante’ con la disoccupazione che cresce. Secondo il Bollettino di Statistica della Camera di Commercio partenopea “in un Paese che sembra avviato quest’anno verso una ulteriore recessione”,
la dinamica produttiva della provincia mostra andamenti differenziati con “tendenze recessive prevalenti nei comparti del commercio, dell’edilizia e del settore immobiliare, dipendenti maggiormente dalla domanda interna, e con segnali più lievi di rallentamento nell’industria esportatrice e nei settori dei servizi collegati alla domanda turistica”. La revisione al ribasso dei piani di investimento delle imprese e la caduta dei consumi registrata nel 2011 produrranno ancora una riduzione degli occupati. Le previsioni per il 2012 indicano che la disoccupazione aumenterà ancora di 3 punti per assestarsi nella provincia intorno al 18% e raggiungere il 45% se riferito ai giovani.
“E’ un’analisi negativa per il territorio – dice Maurizio Maddaloni, presidente dell’ente camerale – che si allinea alla situazione nazionale ma che nella nostra area registra elementi negativi, strutturali ed ambientali. In particolare sulla partita del credito si sconta la ritrosità del sistema bancario quando si tratta di sostenere le imprese nella fase di start up. Va rilevato, inoltre, il pesante carico fiscale per l’ulteriore inasprimento delle imposizioni locali con aliquote tra le più alte d’Italia a fronte di servizi tra i più scadenti d’Italia”. Le previsioni sul prodotto interno lordo pro-capite per la provincia di Napoli (14.600,00 euro), si rileva dal Bollettino, “sono in netta flessione (meno 7,9%) rispetto al 2010; “l’indicatore corrisponde solo al 62% del valore medio nazionale collocando la provincia al 94esimo posto nella graduatoria delle 107 province”. In questo quadro, sottolinea Maddaloni, “si aggiunge anche un dato che, letto con la cartina al tornasole, finisce anch’esso con il rivelarsi negativo e cioé il divario tra natalità e mortalità”.
Infatti il sistema imprenditoriale napoletano resiste apparentemente alla crisi. Tra gennaio e settembre 2011 l’anagrafe delle imprese con 266.447 unitàsi conferma al terzo posto in Italia, registrando un saldo positivo di 1.687 unità ed un tasso di crescita dello 0,63%, di poco inferiore a quello nazionale (0,80%). Evidenzia Maddaloni: “Il dato indica, però, che spesso la qualità della neonatalità va di pari passo con le esigenze di riciclaggio di denaro in attività produttive”. In ogni caso aumentano le difficoltà che le imprese incontrano a stare sul mercato: sono state infatti 687 le nuove procedure di fallimento, 411 in più rispetto al 2010 e con un aumento percentuale del 149%.
“L’unico dato positivo in assoluto – continua Maddaloni – équello sull’export. Nei primi 9 mesi del 2011, rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente, il valore consegue un incremento del 9,9% anche se inferiore di oltre tre punti alla variazione del valore medio nazionale (più 13,%%). Il che comunque testimonia che, nonostante tutto, il tessuto imprenditoriale dimostra segni di vitalità ed è su questo elemento che dobbiamo insistere affinché il governo Monti – avviata l’azione di rigore e di contenimento della spesa – pensi a definire concrete misure per il Sud”.
Insomma per Maddaloni “il processo di declino potrà essere interrotto solo da una adeguata domanda privata e pubblica che attenuti gli effetti di breve periodo della crisi indotti dai processi di ristrutturazione e, nel medio periodo, favorisca una ripresa duratura della produzione, un rilancio dei consumi e la creazione di nuovi e stabili posti di lavoro. E’ in questo quadro che vanno definite e inserite le politiche per il Sud, con una concentrazione degli interventi su infrastrutture sovraregionali, energia, logistica e innovazione”.