Soffre il popolo delle partite Iva, ma reggono il settore dell’industria e il lavoro dipendete. É la fotografia scattata dal terzo rapporto sul mercato lavoro dell’Arlas, presentato oggi a Napoli, che evidenzia per il 2013, una contrazione generale, rispetto al 2012, dello 0,9%. Un dato che, tuttavia, è inferiore, in termini di contrazione dell’occupazione, rispetto alla media registrata nel Mezzogiorno (-4,6%) e nazionale (-2,1%). La riduzione, secondo il rapporto, è legata alla diminuzione dei lavoratori autonomi, il popolo delle partite Iva. Ma regge il lavoro dipendente che resta stabile. Il calo degli occupati indipendenti riguarda soprattutto il settore degli altri servizi e delle costruzioni che confermano il prolungarsi del trend negativo. In controtendenza con il resto dell’Italia, il settore dell’industria mostra una crescita, seppur contenuta (+0.8%) dell’occupazione, a fronte delle consistenti perdite che si registrano nel Mezzogiorno (-3.9%) e in Italia (-1.9%). In un contesto di crisi generalizzato, si evidenziano, nel mercato del lavoro regionale, aree di resistenza che incidono anche sulla composizione e struttura dell’occupazione regionale. Le strategie di ‘resistenza’ alla crisi sul fronte occupazionale trovano riscontro nell’analisi dei flussi di ingresso e uscita dal mercato del lavoro. Nel 2013 le movimentazioni del mercato del lavoro della Campania si riducono, per la prima volta dal 2009: il volume totale è di 1.372.000 movimenti, al di sotto dei valori registrati negli anni precedenti sempre crescenti e superiori ai 1.400.000. La contrazione delle assunzioni determina anche una diversa presenza di contratti di lavoro somministrati nel corso dell’anno: le assunzioni a tempo indeterminato (apprendistato e tempo indeterminato) sono pari al 24.4% nel 2013 (28.3 nel 2012); cresce la quota dei contratti a tempo determinato che passa dal 65% del 2012 al 68.2% del 2013. Ed è proprio nel 2013 che, rileva il rapporto, cominciano a farsi sentire anche gli effetti della legge Fornero. Così, il numero di contratti di lavoro a brevissima scadenza è aumentato in maniera significativa, a fronte di una riduzione dei cosiddetti contratti atipici. Terminato il periodo previsto, che si attesta sulla media dei 100 giorni lavorativi, in oltre l’80% dei casi interviene un nuovo rapporto di lavoro. Nel 2013 il 43.7% delle assunzioni ha avuto luogo nei servizi (esclusi alberghi e ristoranti e istruzione), il 33.0% negli alberghi e ristoranti, il 10.6% nel settore manifatturiero-estrattivo, il 5.4% nelle costruzioni, il 4.8% nell’agricoltura e il 2.6% nell’istruzione. Complessivamente l’82% degli avviamenti si verifica nell’occupazione dipendente (apprendistato, tempo determinato, tempo indeterminato e somministrazione), il 2.1% con il lavoro domestico (e questa percentuale è aumentata nel tempo dallo 0.9% del 2010), l’1.6% con il lavoro intermittente (la cui l’incidenza è piuttosto variabile negli anni) e il 14.0% con il lavoro parasubordinato. Nel lavoro dipendente, il tempo determinato costituisce il 62.1% delle assunzioni contro il 68% del totale delle assunzioni. La sua incidenza si riduce con l’età: per gli adolescenti è pari al 70.7% mentre per le altre due classi, 19-24 e 25-29, è rispettivamente pari al 62,7% e al 61 e in entrambi i casi inferiore all’incidenza sull’intera popolazione. Aumenta invece con l’età l’incidenza dei contratti a tempo indeterminato e di somministrazione. In particolare per la classe di età 25-29 anni, la percentuale dei contratti a tempo indeterminato (22,9%) sostanzialmente coincide con la percentuale calcolata su tutte le età. Sul fronte dell’occupazione giovanile, il rapporto tra i giovani iscritti in anagrafe e i giovani residenti ha in primo luogo evidenziato un elevato tasso di copertura della nuova fonte informativa, pari al 64%. Tra i giovani prevale la componente maschile (54.4% del totale) a fronte di una quota di donne sul totale pari a 45.6 punti percentuali. La presenza femminile nel mercato del lavoro cresce con l’età (le donne rappresentano il 40.6% dei giovani tra i 15-18 anni, il 45.1% dei giovani tra i 19-24 anni e il 46.5% dei giovani tra i 25-29 anni).

 

 

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