POMIGLIANO D’ARCO – Incatenati davanti ai cancelli per protestare contro il licenziamento di un sindacalista: è quanto accade a Pomigliano d’Arco, nel Napoletano, dove alcuni dipendenti dell’Enam, società a capitale pubblico che gestisce il servizio di igiene pubblica sul territorio, si sono incatenati davanti ai cancelli dell’azienda per protestare contro il licenziamento di Donato Capobianco
(tra i lavoratori incatenati), esponente territoriale della Fiadel, sindacato autonomo di categoria, nonché impiegato della società, che stamattina ha ricevuto il telegramma che comunicava il licenziamento. Capobianco era già stato sospeso dall’azienda a seguito di una riunione durante la quale il sindacalista, presente come esponente territoriale della Fiadel, aveva espresso perplessità circa le procedure di mobilità avviate, definendo la situazione “un imbroglio di carte”. Ma la parola non è stata digerita dai vertici aziendali, che hanno querelato il dipendente e disposto la sospensione, fino al licenziamento successivo alle controdeduzioni, non ritenute sufficienti dall’Enam, da parte dell’uomo. Stamattina, però, all’arrivo in azienda i lavoratori hanno deciso di manifestare la propria solidarietà al collega, e si sono rifiutati di effettuare la raccolta rifiuti e lo spazzamento in città, chiedendo un intervento dell’amministrazione comunale guidata dal sindaco Lello Russo, in quanto la società è a intero capitale pubblico. Dall’azienda, sul provvedimento, arriva un secco ‘no comment’, ma il presidente della società, Nicola Di Raffaele, ha sostenuto che l’agitazione di oggi “era inattesa”. “Da 15 mesi – ha spiegato – abbiamo aperto una procedura di mobilità, che però non riguarda gli addetti esterni. Non volendo licenziare nessuno, abbiamo protratto il tavolo di trattative”. Sul provvedimento, però, nessun commento. I legali di Capobianco, intanto, hanno già annunciato un’impugnativa del licenziamento, sostenendo che le parole del sindacalista erano riferite alla “ingarbugliata situazione”. “Capobianco – ha spiegato l’avvocato Giovanni Della Corte, che rappresenta l’uomo – era, inoltre, presente quale sindacalista e non come dipendente. L’azienda, secondo noi, ha forzato l’espressione usata dall’uomo, strumentalizzandola per attuare il provvedimento, preceduto dalla sospensione ed addirittura da sigilli messi alla porta dell’ufficio di Capobianco”.