Tra party consiliari smodati e festeggiamenti post voto con una miscelazione alchemica mal riuscita tra sacro e profano abbiamo tralasciato una disamina approfondita del ballottaggio che ha consegnato la fascia tricolore di Aversa a Franco Matacena nel duello con Antonio Farinaro. Il primo dato da sottolineare con la matita rossa è quello dell’affluenza. Si è recato alle urne appena il 37.3% dei votanti. Un crollo verticale rispetto al primo turno che aveva registrato una discreta partecipazione con il 70.01%, di poco inferiore alle precedenti comunali del 2019 (71.09%). Che dire? Con questi numeri, simili più o meno in tutt’Italia, il sistema elettorale a doppio turno mostra evidenti crepe. Già “stressati” in prima battuta, nel caso di Aversa da quasi 500 candidati al consiglio, i cittadini preferiscono la cabina da spiaggia a quella delle urne, o comunque se ne stanno a casa piuttosto che tornare a votare dopo appena due settimane. Una legge elettorale, con i necessari accorgimenti, che premiasse già al primo turno il candidato che ottiene un voto in più rispetto agli avversari sarebbe probabilmente più efficace. Così funziona per l’elezione del governatore della Campania. Ma passiamo allo scontro Matacena-Farinaro. Cosa dicono i numeri? Il candidato della coalizione civica paga molto di più lo scotto dell’astensionismo. Avendo raccolto al primo turno ben 13.319 preferenze, pari al 49.3%, il fortissimo calo dell’affluenza è stato tranciante per chi si presentava al ballottaggio con un così cospicuo bagaglio di voti. Per Matacena le preferenze sono scese a quota 8.466, quasi 5mila in meno. Farinaro invece ha sostanzialmente tenuto botta al “popolo del non voto” mettendo in cascina 6.204 preferenze rispetto alle 6.986 del primo turno, dove aveva ottenuto il 25.9%. Farinaro più “attraente” di Matacena? Sarebbe riduttivo “leggere” sbrigativamente i numeri del ballottaggio. Era nelle previsioni che sarebbe stato molto più ostico riportare alle urne i cittadini per la corazzata Potemkin di Matacena, composta da 6 liste possenti che hanno ottenuto in totale 13.580 voti, cioè il doppio dei voti della coalizione di Farinaro, che si è fermata a 6.561 preferenze. In ogni caso il ballottaggio si conferma una partita a sé. Si sceglie la persona più che il capo della coalizione. Altro aspetto decisivo riguarda i candidati: se al primo turno hanno galoppato, in seconda battuta alcuni di loro sono andati nella migliore delle ipotesi a trotto, mentre molti sono stati fermi ai box. Facendo un mix di tutti gli elementi a disposizione si può spiegare il risultato del ballottaggio. Matacena vince e diventa sindaco con il 57.7% dei voti, Farinaro tocca il 42.3%. Vittoria netta e indiscussa. Un bel recupero per Farinaro ma non sufficiente a ribaltare il risultato del primo turno dove il distacco era 49.3%-25.9%. Non ci sarebbe riuscito nemmeno Superman perché la partita tra la grande coalizione e il centrodestra non c’è mai stata. Si sono scontrati il Napoli di Spalletti e una squadra che ha cercato di limitare i danni già sapendo inconsciamente che per vincere ci sarebbe voluto un miracolo. La coalizione civica ha messo in campo liste da quasi 4mila voti (Aversa Moderata con il 14.44%) e da quasi 3mila preferenze (Noi Aversani con il 10,80%). Per non parlare del boom di Immagina Aversa con oltre 2.200 voti, pari all’8.39%. Nessuna delle quattro liste del centrodestra ha sfiorato l’8%, con il deludente risultato di Noi Moderati, stretto in una morsa, che ha fatto il resto. Anche sul piano politico-organizzativo la distanza era abissale. La coalizione civica è stata costruita con i tempi giusti e senza affanni. Il centrodestra è nato con un parto molto più tribolato e frettoloso. Insomma, Antonio Farinaro ha fatto la sua parte. Ha tirato la carretta e ha ben figurato. Dal canto suo, Franco Matacena ha dimostrato di possedere doti che inizialmente non gli venivano riconosciute. Ha stilato e presentato un programma con buone intuizioni (Aversa capitale della cultura). Ha saputo parlare alla gente. Ha il “physique du role” per fare il sindaco di Aversa. Ma ora viene il difficile: deve dimostrarlo.
Mario De Michele