Matese-Avviato il dibattito per la riforma degli enti parco e delle comunità montane sulla base del progetto di legge che accorpa gli enti parco e le riserve naturali in tre macro-aree . La parola d’ordine è quella di semplificare non solo il numero ma anche le funzioni di quelle strutture che intervengono negli stessi o simili settori . E’ quanto emerge dall’audizione attivata dalla commissioni congiunte(ottava e seconda) dell’assessore e vicepresidente della giunta regionale Bonavitacola per il quale bisogna lavorare per “una moderna agenzia del paesaggio e del territorio”.Formula tutta da riempire e specificare di contenuto. Il tema-chiave è quello della semplificazione degli enti a derivazione regionale( aree protette e enti montani) e nelle prossime settimane ci saranno altre audizioni con la partecipazione di esponenti del mondo associativo(Anci, uncem, associazioni ambientaliste e di rappresentanza agricola, sindaci ) come annunciata dal presidente della settima commissione ambiente, il consigliere regionale Gennaro Oliviero. Bonavitacola dopo aver fatto il punto in materia di pianificazione paesaggistica( a breve la firma di un protocollo d’intesa tra regione Campania e ministero dei beni culturali) ha spiegato come eventualmente intrecciare e saldare i due fronti(enti parco e comunità montane): “La perimetrazione Parco regionale, al pari della perimetrazione del Parco nazionale- h detto Bonavitacola- attrae le aree perimetrale nel regime del Codice dell’Ambiente con una serie di conseguenze: che tutti gli interventi di trasformazione edilizia e urbanistica privata richiedono il preventivo nulla osta paesaggistico, che gli interventi di natura pubblica richiedono che si acquisiscono determinate autorizzazioni e, in base a norme esterne a questo regime, in queste aree determinati impianti, per esempio impianti che hanno una certa valenza di impatto ambientale, non sono consentiti. Ecco perché la riforma del sistema dei Parchi regionali è una riforma non soltanto di ornamentale, cioè organizzativa, ma deve essere l’occasione per regolare meglio le attività che si possono assentire all’interno di questi Parchi, questo è un aspetto su cui forse in sede di ulteriore esame legislativo mi permetto di dire ai proponenti che dobbiamo lavorare di più perché gli spunti nella legge ci sono, forse è il caso di insistere e questo ci allaccia al tema comunità montane sì o comunità montane no. Noi dobbiamo ragionare sull’utilizzare questi Enti non soltanto come Enti che hanno una funzione di tutela statica, di vigilanza, di carattere fondamentalmente interdittivo, ma devono essere Enti attivi sul piano della trasformazione di queste aree per delle attività che ovviamente valorizzano i beni paesaggistici che non le deturpano, ma ne consentono la fruizione. Pensiamo ai percorsi ecocompatibili per gli sport all’area aperta, per le attività di maneggio, per le attività di fruizione dei beni con anche strutture ricettive ecocompatibili, insomma, un insieme di attività per cui questi Enti Parco siano soggetti attivi per la gestione di quei territori e non soltanto il luogo dove si arriva per chiedere il nulla osta a una cosa si può fare o non si può fare. Questa è la parte più attiva che naturalmente non si risolve soltanto con un articolo o due articoli, ma impegnando la Regione a crederci, a destinare delle risorse, a prendere capitoli dei fondi europei, dei fondi del patto per lo sviluppo e che dia a questi Enti delle risorse per essere protagonisti di queste attività di cambiamento.Ho dovuto – ha spiegato il vice dela giunta De Luca- fare questa premessa non per sfuggire al tema, ma intanto per darvi delle informazioni che ritengo doveroso dare a questa Commissione, ma anche per dirvi in quale contesto si cala il nostro ragionamento sulle comunità montane. Le comunità montane sono, ovviamente voi lo sapete, giuridicamente un’unione di Comuni che hanno una funzione di promozione della tutela dell’ambiente, pensiamo a tutto il tema dell’utilizzazione da parte degli operai idraulico forestali a tempo determinato o indeterminato in alcune azioni di presidio del territorio e svolgono altre funzioni per quanto riguarda dei piani di sviluppo, uno dei compiti della comunità montana è anche di fare una pianificazione dello sviluppo socioeconomico di quell’area.Non tutte le aree perimetrale dai vecchi piani paesaggistici regionali, oggi destinate ad essere unificate e – secondo me – correttamente nelle 3 aree che avete individuato: settentrionale, metropolitana e meridionale. Non tutte le aree delle comunità montane coincidono con le aree perimetrale dai piani paesaggistici regionali.C’è un primo pubblica di questo tipo. Dal punto di svista semplicemente della sovrapposizione cartografica. Si può immaginare che una riforma delle comunità montane possa riguardare solo le comunità montane che rientrano nel sistema dei Parchi? Sarebbe una riforma un po’ monca perché sarebbe una riforma parziale, la riforma deve e riguardare le comunità montane nel suo insieme. C’è un altro aspetto, questi Parchi sono fondamentalmente Parchi di emanazione regionale, le comunità montane sono regolate con legge regionale, ma sono unione dei Comuni, cioè sono espressione del sistema delle autonomie. Non è facile, attraverso un’iniziativa legislativa regionale, comprimere una sfera di autonomia da parte dei Comuni, c’è una criticità su questo che occorre valutare perché potrebbe essere materia eventualmente di ricorsi e quindi di contenzioso da parte del sistema delle autonomie locali le quali direbbero: “Vuoi fare i Parchi? Fatti i Parchi”. Le comunità montane sono espressione del sistema dei Comuni. La prima criticità è quella geografica, la seconda criticità, questa è di carattere ordinamentale. Ci sono delle cose che auspicabilmente, su questo non è che do un’apertura, mi impegno ad un approfondimento. Premesse queste due criticità che vi ho detto, sicuramente in una logica di semplificazione dovremmo evitare di avere una sovrapposizione di Enti che fanno le stesse cose. Questo è un tema che dovremmo affrontare anche a proposito dei Consorzi di Bonifica”.Quindi ha illustrato ai componenti della commissioni congiunte le ragioni della semplificazione: “Se in un territorio, nel quale è ricompresa una comunità montana, noi decidiamo di fare avere all’Ente Parco una funzione non soltanto di Ente dei vincoli, ma di Ente dell’operatività, quindi di una funzione attiva, pare ragionevole che non facciamo fare il piano di forestazione o di assetto idrogeologico di risanamento ma di Ente dell’operatività, quindi di una funzione attiva, pare ragionevole che non facciamo fare il piano di forestazione o di assetto idrogeologico di risanamento dei valloni all’Ente Parco e un altro piano alla comunità montana perché sembrerebbe una sciocchezza. La Regione fa una programmazione, deve dare dei finanziamenti alle Comunità montane per la forestazione, poi dà dei finanziamenti all’Ente Parco per fare le stesse cose. Ragioniamo nel merito, senza vincoli ideologici. Laddove avessimo una comunità montana che interamente è ricompresa in un Ente territoriale, in uno dei tre ambiti, risolvendo il problema che non posso risolvervi in questa sede, naturalmente ve lo segnalo come un problema, di evitare la lesione di prerogative delle autonomie dei Comuni, però l’esigenza di avere: una semplificazione, che non ci siano più Enti che che fanno le stesse cose, che la tutela sia coniugata con la valorizzazione e che questo Ente diventa oggi una moderna agenzia del paesaggio e del territorio, è una cosa interessante, è una cosa su cui obiettivamente ragionare. Questo è uno dei temi anche dei Parchi nazionali, cioè la discussione oggi in seno al Parco nazionale del Cilento e al Parco nazionale del Vesuvio è: siamo i Parchi della tutela e dei vincoli, ma sul piano operativo chi siamo? E che facciamo? Questo tema è anche un tema dei Parchi regionali. Vi rappresento delle criticità ad una banale semplificazione, sciogliamole da comunità montane, tanto ci sono gli Enti Parco. Questo non è possibile. Facciamo- il passaggio forse tra i più importanti di Bonavitacola- una verifica puntuale intanto sulle sovrapposizioni geografiche, cartografiche tra i due livelli, facciamo una riflessione eventualmente anche insieme all’Anci, però in questo caso capirete che mentre sulle comunità montane i Comuni si sentono la fonte legittimante di quell’organismo, in un Ente fondamentalmente di espressione regionale i Comuni si potrebbero sentire estromessi, per cui bisognerebbe trovare un modo per recuperare anche sul piano della disciplina, della governance di questi Enti, una presenza, una qualche forma di partecipazione delle autonomie locali. In conclusione, credo che sarebbe auspicabile, in molte realtà, attribuire al costituendo Ente regionale, una funzione attiva sulla tutela, ma anche sulla valorizzazione del territorio anche attraverso l’utilizzo di finanziamenti regionali che si possono destinare allo scopo. Secondo me abbiamo bisogno di una fase di riflessione di merito senza vincoli ideologici, senza pregiudizi, però potrebbe essere questa una delle ragioni di accompagnamento anche al superamento delle comunità montane, potrebbe essere una delle ragioni. Tuttavia dobbiamo sapere che c’è un sistema delle autonomie che potrebbe rivendicare una sua prerogativa e quindi anche una sua rappresentanza e la cosa peggiore che possiamo fare è di metterci ad aprire conflitti di costituzionalità, di invasività, di giurisdizione e compagnia bella” ha concluso.

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