Tra un canto tipico accennato e un grembiule variopinto indossato, sente aria di casa il ministro per l’Integrazione Cecile Kyenge, in visita alla comunita’ degli immigrati di Caserta. Ma l’argomento sul tavolo e’ l’aspirazione ad essere considerati italiani a tutti gli effetti che i bambini figli degli immigrati le chiedono.

”Non ero convinta di diventare ministro – risponde Kyenge – ma la mia storia e’ la testimonianza che ognuno di noi ce la puo’ fare. Anche quando non avevo da mangiare e da dormire non ho mai perso la speranza. Ora mi batto per i vostri diritti”. Il ministro fa visita ad una sartoria etnica di Caserta, la New Hope, ‘nuova speranza’, da dieci anni riferimento per immigrate dall’Est e dai Paesi africani. Fatuh, 10 anni, e’ nata a Caserta da mamma senegalese e ora e’ in affido a una coppia italiana.

Al ministro si rivolge cosi’: ”Io mi sento italiana, ma per la legge non lo sono. Conto su di te”. ”Questi bambini sono l’Italia di domani, sono i presidenti dell’Italia di domani” dice una delle lavoranti, una nigeriana da nove anni in Italia. Il ministro abbozza un sorriso, scherza attorniata dal vociare dei bambini, e poi si impegna a portare avanti la legge per il riconoscimento della cittadinanza a chi e’ nato in Italia.

”Il mese prossimo – assicura – il testo sara’ in Commissione Affari costituzionali. Nel frattempo io lavoro sul territorio nel senso di una sensibilizzazione culturale. Sono fiduciosa, ce la faremo, e’ un processo naturale e la fotografia della nuova Italia”. Le viene regalato un grembiule tipico prodotto dalla cooperativa, che il ministro indossa, una borsa e una penna che – viene auspicato – dovra’ usare per firmare l’attesa legge. Prima che vada via parte anche un canto.

Poi si reca nell’ex canapificio, sede dei rifugiati e dei migranti di Caserta. Qui viene accolta dal presidente della Comunita’ senegalese Mamadou Sy e da Mimma, da anni punto di riferimento del volontariato locale. Anche qui va via carica di doni: un’enorme ventaglio dipinto a mano, un elefantino di legno e un tam-tam. L’impegno e’ quello di lavorare per un modello Caserta 2 che vada oltre la semplice repressione ma preveda anche misure di inclusione. ”Non sono venuta a fare propaganda – conclude prima di salutare – ma a testimoniare che ci sono e che vi sono vicina”.

 

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