RECALE. Non accenna a placarsi, a Recale, la mattanza dei pini mediterranei. Mercoledì, un altro esemplare è stato raso al suolo: apparteneva al filare che dà il nome a viale Dei Pini, ormai ribattezzato viale Dei Martiri, visto che i fusti ancora in pieni sono 32, mentre i “caduti” sono 38. Stavolta non è stato il Comune a procedere all’abbattimento, bensì l’Enel, pare per mettere in sicurezza una cabina elettrica nei pressi della scuola materna Camposciello.

«Bisogna porre fine a questa strage – dichiara Michele Lasco, portavoce dell’associazione Cruna -, altrimenti la città perderà per sempre un patrimonio botanico, storico e culturale inestimabile». Gli ambientalisti non contestano la scelta di recidere un albero secolare, se questo è malato e può minare l’incolumità di qualcuno. Ritengono, però, che per risolvere il problema non basti “darci un taglio”. Se, da un lato, l’abbattimento tutela il cittadino nell’immediato; dall’altro, peggiorerà la sua qualità della vita nel futuro. In un ambiente inquinato, la perdita di un pino rappresenta un evento drammatico, perché con esso se ne va un pezzo di quel poco di benessere che l’ecosistema, a fatica, preserva. «Per ogni pianta persa – suggerisce Lasco -, anche in un luogo diverso, ne andrebbero piantate subito altre, affinché la sua funzione biologica sia compensata». È indubbio, poi, che molti pini si siano ammalati a causa dell’incuria e dell’indifferenza di chi ha gestito il territorio finora. La loro soppressione potrebbe risultare, tuttavia, meno dolorosa, se il legno fosse usato per realizzare opere d’arte o elementi di arredo urbano, come panchine, altalene e giochi per i bambini. «Che fine fanno – si chiede Lasco – tronco e rami degli alberi abbattuti?».

 

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