“Quanto accaduto lunedì scorso nel carcere minorile di Airola dimostra la necessità di intensificare gli interventi di contrasto alla criminalità anche all’interno degli istituti penitenziari, soprattutto quando si tratta di ragazzi giovani che potrebbero essere aiutati e sostenuti nel corso della condanna per riabilitarsi ed essere restituiti alla società con maggiori strumenti e una diversa consapevolezza”. A dichiararlo l’On. Camilla Sgambato (Pd). “Certo che è difficile. Ma se accettiamo il dato secondo cui nessuno di loro potrà tornare ad una vita onesta e a comportamenti virtuosi, ammettiamo di non avere mezzi e, soprattutto, alziamo le mani di fronte ai clan e al loro potere accettando, di fatto, un’impotenza perenne e per questo inaccettabile. Come se taluni comportamenti non fossero modificabili e certe realtà fossero ormai perdute, abbandonate. Esiste la mafia, la camorra, la criminalità organizzata? E che ci possiamo fare, è così e niente mai potrà cambiare. Questo significa consegnare intere generazioni ad un orribile e devastante oblio. Possiamo accettarlo?”, si chiede la parlamentare del Partito Democratico che poi prosegue: “Invece di investire sulla rieducazione, ovvero sugli strumenti e le strategie da mettere in campo per contrastare il fenomeno e riflettere su quali risposte potrebbero essere attivate per intercettare questi soggetti e orientarli verso percorsi di vita alternativi alla devianza, li lasciamo chiusi dentro quattro mura a replicare i comportamenti che attuerebbero fuori dagli istituti. Ad Airola le rivolte hanno messo in luce lotte intestine tra i piccoli boss nel penitenziario. È possibile che lo Stato non possa fare nulla? Io credo si possa intervenire su due ambiti: il primo giuridico rivedendo quella parte di ordinamento che consente la presenza di ultra 21enni perché in questo modo è evidente che il carcere minorile invece di diventare una struttura anche riabilitativa si trasformi in ‘un’università del crimine’. Per questo sarebbe auspicabile che il Ministro Orlando riflettesse sull’opportunità di rivedere la legge di riforma del 2014 che ha esteso l’esecuzione penale minorile fino al venticinquesimo anno di età. È necessario individuare nuovi strumenti organizzativi per la separazione dei detenuti appartenenti alla criminalità organizzata da tutti gli altri. I maggiorenni devono essere trasferiti in strutture per adulti. Il secondo ambito di intervento riguarda l’educazione. Con la legge 354 del 1975, sulla spinta dei cambiamenti sociali e pedagogici degli anni Settanta, si è aperta una nuova fase sul modo di pensare alla pena, al periodo di detenzione delle persone, al significato stesso dell’educazione in contesti istituzionali non solo scolastici. Si comincia ad affermare la necessità di intervenire anche in altri contesti e con altri strumenti che non si affidino solo alla coercizione o al controllo; si tratta di comprendere le caratteristiche e le attitudini dei ragazzi anche in situazioni di grave marginalità. Per questo, è fondamentale investire anche sull’educazione mettendo questi ragazzi nelle condizioni di scontare la pena affiancati da educatori che possano lavorare sulla marginalità e la devianza. Il carcere così diventa non soltanto un luogo di coercizione ma anche un luogo educativo dove, pur nella consapevolezza delle differenze che impone la sua natura, si offrano ai ragazzi reali opportunità di cambiamento e la possibilità di sperimentare nuovi percorsi che incidano sul loro modo di pensare al futuro. Il carcere non deve essere solo il luogo dell’emarginazione ma anche quello della partecipazione e del reinserimento. L’istituto di Airola è una struttura adeguata e ben diretta. Il Ministro Orlando è stato informato dell’accaduto dei giorni scorsi ed ha chiesto di conoscere i particolari della vicenda. Non appena sarà possibile, visiterò la Casa Circondariale per accertarmi personalmente delle sue condizioni di operatività, così poi da assumere le iniziative del caso”, conclude la Sgambato.