L’attenzione è alta, ma – almeno per ora – non c’é allarme. A palazzo Chigi i dati sullo spread sono monitorati costantemente. Tuttavia, nonostante lo spread fra titoli italiani e tedeschi abbia sfiorato il picco dei 500 punti base, nel governo si evitano drammatizzazioni. Fonti dell’Esecutivo, non a caso, confermano che per ora non si prende neanche in considerazione l’ipotesi di attivare il Fondo di Stabilità (l’attuale Efsf, che sarà poi sostituito dell’Esm) per calmierare il differenziale.
Anche perché il cosiddetto ‘scudo’ anti-spread’ al momento non sembra una soluzione percorribile. Il Fondo di stabilità è operativo solo in parte: l’Esm infatti non ha ancora rimpiazzato l’Efsf, nelle cui casse restano un centinaio di miliardi di euro. Pochi per intervenire sul mercato dei titoli italiani. La decisione della Corte costituzionale di Karlsruhe di pronunciarsi solo il 12 settembre sul Fiscal Compact e sull’Esm, inoltre, fa slittare la ratifica tedesca a dopo l’estate. Altro capitolo discusso è quello delle condizionalità. Per l’Italia la questione è chiusa: “La dichiarazione del Summit di fine giugno, confermata dall’Eurogruppo, è chiara: il Paese virtuoso che chiede l’aiuto del Fondo non deve essere costretto a nuove misure, basta che prosegua sulla strada intrapresa”, sostengono a palazzo Chigi. Ma i partner rigoristi, Finlandia, Olanda e persino la Germania – come dimostrano le parole di Angela Merkel – non sembrano così convinti e potrebbero far chiedere nuovi impegni. Qualche chiarimento in più potrebbe arrivare dall’Eurogruppo del 20 luglio, ma non è detto, visto che il tema potrebbe essere rinviato proprio per la distanza dei vari Paesi. L’Italia ha anche un problema in più: ha perso potere contrattuale. “Al Vertice abbiamo minacciato il veto sul pacchetto crescita, ma ora non ci sono dossier da bloccare”, ammette un fonte di governo. La partita, da un piano politico, si sposta dunque su quello più tecnico. E in attesa di vedere come andrà a finire, Monti non intende alzare i toni. Ecco perché oggi, durante il convegno sul ruolo delle donne in diplomazia, ha colto l’occasione per esprimere “ammirazione” per la cancelliera tedesca: vuole prima vedere cosa riuscirà a strappare Vittorio Grilli al tavolo tecnico. Ma non è detto che la partita sia rapida. Anzi. Lo stesso ministro dell’Economia ha fatto capire che non sarà così: “Molto dipenderà dalla volontà politica di proseguire lungo una maggiore unione monetaria e fiscale dando ai fondi Efsf e Esm compiti precisi e dotazioni adeguate”, ha detto recentemente al Corriere. In pratica, l’Italia spera ancora di ottenere maggiore potenza di fuoco (quella attuale di 500 miliardi dei due Fondi appare a molti analisti assolutamente insufficiente per proteggere un Paese come l’Italia). Ma proprio il richiamo alla maggiore unione monetaria sembra prospettare tempi lunghi. E di mezzo c’é l’estate. Dal Tesoro però gettano acqua sul fuoco, sottolineando che nonostante lo spread gli investitori continuano ad avere fiducia nei titoli italiani come la collocazione di ben 920 miliardi di Btp. Inoltre, fonti di governo ricordano che le aste nel mese di agosto non sono mai per ammontare troppo “rilevanti”. Tuttavia il differenziale, che si basa sulle vendite nel mercato secondario, potrebbe schizzare ancora più in alto, rendendo tutto più complicato. Ma in quel caso palazzo Chigi confida nella Bce. Non ha caso oggi Monti è tornato a sottolineare che “l’indipendenza” è una delle “parole chiave” per una Banca centrale. Parole che possono essere lette come la speranza che Mario Draghi, nella sua completa autonomia, intervenga nel mercato secondario per placare la speculazione e aiutare l’Italia, come già avvenuto in passato. Il governo,intanto, cerca di portare a casa la spending review e la ratifica del Fiscal Compact in tempi rapidi. Nella speranza che i mercati, in assenza dello scudo anti-spread, si accontentino.