”Fino a poco tempo fa sembrava impossibile anche solo immaginarlo, eppure oggi il Vesuvio, l’antico Vesevus tanto decantato da Plinio il Vecchio, è diventato una discarica. Tutte le norme di quell’area protetta sono state violate, usando il pretesto della “crisi cronica” sullo smaltimento dei rifiuti, come se spettasse al cratere stesso la soluzione del problema”. Così Gennaro Carotenuto, autore insieme con Tonino Scala, del libro ‘La guerra della Monnezza’. ””A terra è a nost e nun s’adda tuccà”: era l’ottobre del 2010 quando, con questo grido, il popolo vesuviano, tirando fuori una forza alimentata dal diritto di vivere, si è ribellato a questa situazione con le unghie e con i denti, con i rosari delle nonne, con scolapasta e scope, ma, soprattutto, con l’amore per il luogo che li ha visti nascere”, ricorda ancora Carotenuto. ‘La guerra della Monnezza’, si sottolinea, è tutto questo, il libro edito da “Il Quaderno Edizioni” e scritto da Tonino Scala e Gennaro Carotenuto, con un reportage fotografico di Fabio Cosma Colombo e Massimiliano Colombo presentato presso il Teatro Cangemi a Boscoreale (Napoli). Alla presentazione sono intervenuti, con gli autori, la dirigente scolastica Patrizia Porretta, la presidente della casa editrice Stefania Spisto. Modererà il giornalista Vincenzo Lamberti. Il libro ripercorre i giorni caldi dell’emergenza rifiuti all’ombra del Vesuvio nel 2010, quando la popolazione di Boscoreale, Boscotrecase, Trecase e Terzigno scese in piazza per protestare contro la decisione di aprire due discariche all’interno del territorio del Parco Nazionale. Un volume che attraverso scritti e immagini racconta una vicenda che visse alti momenti di tensione e che provocò scene di guerriglia urbana con autocompattatori incendiati, cariche delle forze dell’ordine sui manifestanti, ma che allo stesso tempo portò alla luce lo straordinario attaccamento alla propria terra da parte del popolo vesuviano. ‘La guerra della Monnezza’, ricorda ancora Carotenuto, ”è anche un diario di viaggio di chi in quei giorni, suo malgrado, si ritrovò nel duplice ruolo di cronista e cittadino di un paese “violentato” da quelle istituzioni che, almeno sulla carta, avrebbero dovuto difenderlo e concorrere al suo sviluppo”.

 

 

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