Sanità di nuovo al centro delle polemiche sulla manovra. Questa volta però, sul banco degli imputati non ci sono tagli al servizio sanitario, evitati per un soffio a ridosso del varo della legge di Bilancio, ma una modifica promossa dal Pd campano, che consentirebbe di nuovo ai governatori di ricoprire anche il ruolo di commissario straordinario se la Regione è in rosso. Un emendamento subito ribattezzato ‘norma De Luca’, facendo riferimento al presidente della Campania che, assieme al presidente della Calabria, Mario Oliverio, potrebbe beneficiare sin da subito del cambio di passo. La scelta di dividere governatore da commissario era stata fatta proprio dal governo Renzi due anni fa, con la legge di Stabilità per il 2015. La scelta era stata fatta all’epoca proprio per evitare abusi o storture nella sovrapposizione delle due figure. Oggi, se si approvasse l’emendamento Tartaglione (Assunta, deputata dem campana, prima firmataria della proposta), di fatto si tornerebbe indietro, accusano le opposizioni e si darebbe mano libera “a De Luca di fare il bello e cattivo tempo a suo piacere sulla sanità” attacca il Movimento 5 Stelle, bollando la mossa come una “schifezza” che risponde a logiche “clientelari”. Ma la battaglia dei 5 stelle contro il governatore campano va oltre la sanità: De Luca finisce sotto tiro, con tanto di esposto all’Antimafia e in procura, per le parole pronunciate in occasione di un incontro con amministratori locali a cui chiede il voto. “In un paese civile sarebbe in galera” dice Luigi di Maio. Ironica la replica di De Luca, secondo il quale in un paese “civile a Luigino di Maio toglierebbero i 13mila euro di stipendio e lo manderebbero a comprarsi la merendina”. L’emendamento alla manovra ridisegna i criteri di nomina dei commissari regionali alla sanità, abolendo l’incompatibilità dell’incarico con quello di presidente della Regione e consentendo appunto ai governatori di ricoprire anche quel ruolo, e in commissione stava per ricevere parere favorevole di governo e relatore, ma il caos sollevato dalle opposizioni ha fatto ripiegare sull’accantonamento e sulla promessa, da parte di Mauro Guerra, di lavorare a una nuova proposta che tenga conto “di quanto emerso dalla commissione”. Dietro le quinte, però, i mal di pancia si registrano all’interno dello stesso Pd e nel governo sarebbe in corso un vero e proprio braccio di ferro. La prima a dire un ‘no secco’, infatti, è stata il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, che già sabato aveva fatto pervenire il parere negativo del ministero alla proposta e che anche in queste ore starebbe mantenendo il punto. L’esito dello scontro si vedrà probabilmente tra domani e dopodomani, quando la commissione Bilancio dovrebbe chiudere l’esame degli emendamenti, per permettere anche all’Aula di votare prima della settimana di pausa elettorale per il referendum del 4 dicembre. Ma fonti qualificate del Pd, che in giornata avrebbero avuto anche contatti con Palazzo Chigi, spiegano che con ogni probabilità la norma sarà messo in votazione, magari in altra forma. Intanto in commissione i lavori procedono un po’ a rilento, con molte proposte accantonate, diverse respinte e poche novità approvate, a partire dal bonus nido da 1000 euro che sarà erogato anche i bambini malati che hanno bisogno di assistenza domiciliare e che quindi all’asilo non ci vanno.

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