“Entro il 28 settembre sarà presentata la Relazione sulla situazione epidemiologica in Campania, a valle della quale potremo sapere dove intervenire e con quali modalità, in accordo con il ministero dell’Ambiente”. Lo ha annunciato il ministro della Salute, Renato Balduzzi, rispondendo ad un’interrogazione al Question time in merito alla mortalità per tumore nella Regione connessa a fattori ambientali e, in particolare, ai rifiuti.

“Il 24 luglio – ha ricordato il ministro – ho insediato un gruppo di lavoro per fare il punto, insieme alla Regione e all’Istituto superiore di sanità (Iss), sulla situazione epidemiologica, per evitare da una parte il panico e dall’altra il perdurare di un’inerzia. Entro il 28 settembre – ha annunciato – sarà presentata la Relazione sulla situazione epidemiologica, a valle della quale potremo sapere dove intervenire e con quali modalità”. Balduzzi ha quindi sottolineato come “da una parte, la riflessione scientifica manifesta qualche non-coincidenza in ordine alla valutazione sul rapporto causale tra inquinamento da rifiuti e patologie tumorali. Dunque, per intervenire – ha rilevato – è necessario avere una maggiore conoscenza, perché diversamente interverremmo in direzioni che potrebbero non avere una efficacia”. Il ministero della Salute, ha inoltre sottolineato Balduzzi, “segue da anni questa situazione e fa un monitoraggio attento anche in collaborazione con l’Iss, che ha recentemente rilevato una mortalità molto elevata per tutte le cause in Campania rispetto al resto d’Italia, mentre l’attesa di vita alla nascita in questa regione è di circa due anni inferiore rispetto alle Marche ché è invece in testa”. La maggior parte dell’eccesso di mortalità è per malattie cardiovascolari e, rispetto alla mortalità per tumori, ha rilevato Balduzzi, “l’Iss sottolinea che oltre ai fattori ambientali vanno comunque considerati anche altri fattori, quali stile di vita e accesso alla diagnosi precoce”.

 

 

Di seguito il testo dell’interrogazione firmata da PICIERNO, MARAN, LENZI, QUARTIANI, GIACHETTI, BOFFA, BONAVITACOLA, BOSSA, CIRIELLO, CUOMO, GRAZIANO, IANNUZZI, MAZZARELLA, MARIO PEPE (PD), PICCOLO SARUBBI e VACCARO.

Al Ministro della salute — Per sapere – premesso che:

l’8 luglio 2012 il quotidiano Avvenire pubblicava un articolato dossier dal titolo eloquente «Campania avvelenata», in cui veniva denunciato l’assordante silenzio dei media sull’allarmante incremento di malattie tumorali nelle province di Caserta e Napoli;
alcuni studi stabiliscono chiaramente il nesso che ci sarebbe tra l’incremento dei tumori in alcune aree della Campania e la presenza di discariche illegali nella regione;
tra questi, uno studio di qualche anno fa, commissariato dal Dipartimento della Protezione civile e predisposto dall’Organizzazione mondiale della sanità, dall’Istituto nazionale di sanità, dal Consiglio nazionale delle ricerche e dall’Osservatorio epidemiologico della regione Campania, ha esaminato la correlazione tra la presenza di elevati rischi di mortalità e malformazioni congenite con l’intensità dell’esposizione legata allo smaltimento dei rifiuti. Nei 196 comuni delle due province, quelle di Napoli e Caserta, i risultati dello studio rilevano «numerose associazioni statisticamente significative fra salute e rifiuti». In particolare, si evidenzia un «trend di rischio in aumento» e un incremento della mortalità tumorale nelle aree contaminate dai rifiuti: 2 per cento in più di mortalità generale, più 1 per cento di tutti i tumori, più 2 per cento per i tumori al polmone tra gli uomini, un più 4 per cento tra gli uomini e 7 per cento tra le donne per i tumori al fegato e un incremento del 5 per cento tra gli uomini per il tumore dello stomaco. Il report spiega, inoltre, che i «trend osservati si traducono in differenze marcate di rischio se si confrontano i comuni più a rischio con quelli poco o non esposti: ad esempio, la mortalità generale nei primi è 9 per cento in eccesso rispetto ai secondi per gli uomini e 12 per cento per le donne»;
ricerche più recenti, svolte anche dall’Università di Napoli «Federico II», nel confermare la relazione tra smaltimento illegale e aumento dei tumori e delle malformazioni congenite, mettono in evidenza due dati a dir poco sconcertanti: a Napoli i tumori sono in numero tre volte superiore alla media nazionale, mentre a Caserta sono addirittura sei volte la media;
la procura di Santa Maria Capua Vetere, nel 2006, nel corso delle indagini su reati ambientali legati allo smaltimento dei rifiuti tossici, ordinò una ricerca sul numero di richieste di esenzione ticket per malattie tumorali, scoprendo che dal 1999 vi era un incremento del 400 per cento dell’incidenza di tumori in alcuni comuni del casertano, quali Casapesenna, Frignano, San Cipriano d’Aversa, Villa di Briano e Villa Literno;
nella sua relazione finale, la Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse evidenziava come dalle indagini svolte emergesse in Campania una situazione di «degrado ambientale dei suoli, delle acque e dell’aria, tale da comportare potenziali conseguenze pregiudizievoli per la stessa salute delle popolazioni residenti»;
fino al 13 giugno 2012 la regione Campania non aveva ancora varato il registro dei tumori, un colpevole e ingiustificato ritardo in una regione con il più alto numero di siti inquinanti, anche di sostanze pericolosamente tossiche, e la più bassa aspettativa di vita. Il registro dei tumori è un fondamentale strumento per mettere in relazione, mediante studi ufficiali, l’incremento di malattie tumorali con l’esposizione a fattori di rischio come lo smaltimento illegale di rifiuti. Il varo del registro campano dei tumori permetterà un coordinamento tra le aziende sanitarie locali e l’Istituto tumorale Pascale;
è ormai noto che la potente ecomafia campana ha origini ben precise e si è evoluta da uno stadio «artigianale» verso una fase «industriale» dello smaltimento illegale ed abusivo dei rifiuti tossici e speciali. Nel 1989, infatti, come emerse nel 1992 nel corso delle indagini della procura nell’ambito della prima operazione contro le ecomafie, l’operazione «Adelphi», nei pressi di Villaricca, a nord di Napoli, si tenne un incontro tra i boss dei casalesi, dell’area flegrea, di Pianura, con esponenti della loggia massonica P2 campana, politici e proprietari di discariche, per suggellare lo scellerato patto che fece della Campania il luogo di transito dei rifiuti speciali e tossici verso l’Africa. Le successive difficoltà di trasporto internazionale dei rifiuti, tra il 1994 e il 1996, indussero i malavitosi a trasformare la Campania da luogo di transito a sito di stoccaggio, avviando una progressiva e inesorabile devastazione del territorio e dell’ecosistema;
nell’area circoscritta tra Napoli, Giugliano, Qualiano e il basso casertano, la cosiddetta «terra dei fuochi», tutte le notti continuano i roghi di rifiuti e materiale tossico: copertoni, scarti delle industrie tessili, bidoni di materiale ignoto, liquami industriali inquinanti, che dovrebbero essere smaltiti come rifiuti speciali, vengono interrati e bruciati, propagando nell’aria fumi neri e densi. Come riportato dal dossier di Avvenire, da alcune testimonianze di contadini locali emergerebbe che tale smaltimento abusivo e illegale di rifiuti tossici non è mai cessato ed anzi continuerebbe con sversamenti quasi quotidiani. Quest’area, in sostanza, è stata adibita dalla camorra dei casalesi e partenopea a sito di stoccaggio di rifiuti industriali;
come denunciava il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, nell’inchiesta sopra citata, «se la decima parte della scandalosa violenza e dell’insopportabile ingiustizia» che si è consumata nei territori tra Napoli e Caserta si fosse verificata tra Roma e Milano, tutta la stampa avrebbe da tempo mobilitato l’opinione pubblica nazionale. Ma questo non è avvenuto, e non avviene, per la Campania, per quelle che appaiono, cioè, sempre più come le terre di nessuno –:
se e quali iniziative intenda assumere per porre fine a questo intollerabile scandalo, che dura ormai da anni, e che sta mietendo troppe vittime innocenti ad avviso degli interroganti nell’insostenibile silenzio e indifferenza delle istituzioni nazionali e locali.

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