È proprio vero che in politica al peggio non c’è mai fine. Dopo aver fatto fuori Massimo Schiavone senza pietà e senza alcuna motivazione, a parte quella di avere troppi voti, Stefano Graziano ha lanciato in questi ultimi giorni di campagna elettorale una vera e proprio offensiva contro Camilla Sgambato, capolista del Pd alle regionali. Con l’indecente siluramento del giovane medico di Sessa Aurunca il deputato teverolese sognava una passeggiata trionfale per il suo pupillo Marco Villano verso l’ingresso principale del parlamentino campano. Ma i piani di Graziano sono saltati quando Schiavone, a differenza sua, ha dimostrato vero attaccamento al partito. E nonostante l’ignobile trattamento subito è sceso in campo con tutte le sue forze a sostegno della capolista dem Sgambato.

Camilla Sgambato

Il buon Graziano, si fa per dire, cullava la speranza che Schiavone si candidasse in extremis in un’altra lista e abbandonasse i democrat casertani. Invece, e chi lo conosce non aveva dubbi, l’ex presidente del consiglio sessano non solo è rimasto saldamente ancorato al Pd ma si è anche rimboccato le maniche seguendo l’indicazione dei vertici nazionali, regionali e provinciali di appoggiare in prima battuta la Sgambato, poi gli altri sette candidati. In una competizione con le preferenze piazzare l’ex deputata in cima alla lista non può essere derubricata a una semplice scelta simbolica, altrimenti sarebbe un’operazione di facciata, una presa per i fondelli degli elettori. Collocare Sgambato a capo della pattuglia dem assume una chiara valenza politica.

E uno come Graziano, che non perde occasione di ribadire ad ogni stormir di foglie che lui “fa politica”, dovrebbe esserne consapevole. Anzi, ne è ampiamente consapevole. Ma una cosa è la politica politicante, tutt’altro sport è la politica seria, quella con la “P” maiuscola. E poiché per lui c’è il rischio che Sgambato possa superare Villano ha impiegato un attimo per mandare la Politica a quel paese e con essa anche la linea del Pd. Ormai a Caserta da un lato c’è il partito democratico e dall’altro il partito di Graziano. A dimostrazione di un aspetto incontrovertibile: il problema dei dem di Terra di lavoro non era soltanto Gennaro Oliviero ma anche Graziano, come giustamente andava ripetendo da tempo il commissario provinciale Susanna Camusso.

Marco Villano

Il deputato infatti sta adottando una strategia elettorale che corre su un doppio binario: non basta che i suoi votino per Villano, è parimenti importante che non votino per Sgambato. Vanno bene i nomi di tutte le altre donne, fuorché quello dell’ex parlamentare. Per boicottare la capolista sta ordinando ai suoi riferimenti territoriali di affiancare al nome di Villano quelli di Marianna Funaro, Maria Russo e Leda Tonziello a seconda delle città. L’obiettivo di Graziano è duplice: in prima istanza “tagliare” Sgambato, in secondo luogo avere la possibilità post-voto di saggiare la fedeltà del suo gruppo. Per la serie: “Non si fida nemmeno di sé stesso”. Figurarsi degli amici, semmai consideri qualcuno davvero un amico.

Che il deputato di Teverola fosse in difficoltà lo si è capito già da alcuni “incarichi a tempo determinato dall’esito elettorale”. Ha già pescato a Maddaloni, dove alcuni esponenti di spicco del Pd hanno gridato allo scandalo per l’esclusione di Schiavone. Chissà cos’altro si inventerà nell’ultimo scorcio di campagna elettorale per spostare voti su Villano? Un lavoretto a ore, rigorosamente senza salario mimino, per qualcuno si trova sempre. Anche perché, come direbbe Victor Hugo, in giro “c’è gente che pagherebbe per vendersi”. E poi la chiamano politica.

Mario De Michele

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