La furbata di Marilena Belardo le si ritorcerà contro con gravissime conseguenze sia sul piano politico-amministrativo che penale. L’assessore di Città Visibile (una volta i più puri dei puri) si è cacciata in un vicolo cieco. Nella vana speranza di salvare in un sol colpo la poltrona e la sua abitazione abusiva ha combinato un disastro. E alla fine della fiera delle bugie e degli escamotage giuridici sarà proprio lei a uscirne con le ossa frantumate. Ha donato la casa alla figlia per non presentare lei il ricorso al Tar che avrebbe implicato la sua decadenza dalla giunta griffata Vincenzo Gaudino. Ha fatto opporre la figlia all’ordinanza di abbattimento adottata dal settore Politiche del territorio del Comune. Belardo pensa di aver risolto il problema. Spera di continuare a occupare il posto di assessore a 1.500 euro al mese. Ma le carte parlano chiaro: ha attuato una manovra elusiva. Comportamento con contorni ancora più gravi perché si tratta di un rappresentante istituzionale che dovrebbe avere come stella polare il rispetto della legge. Il tentativo dell’esponente di spicco di Città Visibile di restare incollata alla cadrega fallirà miseramente. E costringerà la Belardo a ritirarsi a vita privata. Per sempre. Vediamo perché. L’atto notarile di donazione dell’immobile alla figlia, già di per sé politicamente vergognoso, è inefficace.
L’assessore della giunta Gaudino ha sottoscritto la donazione lo scorso 20 maggio (link in basso). Davanti al notaio ha dichiarato “che i cespiti in oggetto mai hanno dato luogo per tale titolo né tuttora sono suscettibili di provvedimenti sanzionatori urbanistici di alcun genere e in ispecie di irrogazione di sanzioni pecuniarie”. Dichiarazione mendace, altro reato penale a suo carico che si aggiunge a quello di abuso edilizio. Nell’ordinanza di abbattimento datata 10 giugno di quest’anno si legge: “è stato avviato il procedimento finalizzato all’emissione dell’ordinanza di demolizione, protocollo 10197 del 11/05/2022, regolarmente notificato agli interessati il 12/05/2022” (link in basso). Confrontando le date emerge una drammatica verità che inchioda la Belardo. L’assessore era a conoscenza del procedimento avviato dall’Utc già dal 12 maggio di quest’anno, cioè 8 giorni prima della sottoscrizione dell’atto di donazione. E pur avendo contezza che la sua abitazione fosse oggetto di “un procedimento finalizzato all’emissione dell’ordinanza di demolizione” ha dichiarato al notaio “che i cespiti in oggetto mai hanno dato luogo per tale titolo né tuttora sono suscettibili di provvedimenti sanzionatori urbanistici di alcun genere e in ispecie di irrogazione di sanzioni pecuniarie”. Che bugiarda. Ha mentito sapendo di mentire. In un paese normale un assessore che mente davanti a pubblico ufficiale o avrebbe fatto le valigie in un baleno oppure sarebbe stata revocata dal sindaco. Non è avvenuto nulla di tutto questo. Poveri cittadini ortesi. Cosa avranno fatto di male per meritarsi una classe dirigente del di tale risma? E l’opposizione cos’altro aspetta prima di presentare un esposto alla Procura della Repubblica? Oltre a implicare un bel procedimento penale a suo carico perché il notaio non può far altro che denunciarla, le dichiarazioni mendaci della Belardo annullano l’atto di donazione. E quindi la figlia non aveva titoli per presentare ricorso al Tar. Il Tribunale amministrativo si pronuncerà sicuramente in tal senso. Risultato? Essendo scaduti i termini per opporsi davanti al Tar ed essendo Marilena Belardo l’unica titolare del diritto di ricorrere contro l’ordinanza di abbattimento, il Comune fin da oggi può attuare il provvedimento di demolizione dell’immobile o acquisirlo al patrimonio pubblico. La Belardo e Città Visibile si sono resi conto di quello che hanno combinato? Probabilmente no. Peggio ancora. Se non sanno gestire una vicenda del genere come possono pretendere di governare una città di oltre 30mila abitanti? Facciamo una cosa: Belardo, Vincenzo Tosti e company si dimettano seduta stante in massa. È un bene per loro. E per Orta di Atella.
Mario De Michele
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NOTA A MARGINE
In occasione della cerimonia di insediamento, in programma stamattina, dei 20 giovani che svolgeranno il servizio civile ad Orta di Atella, prescelti dalla cooperativa Eco, creatura di Sofia Flauto, indagata per reati di camorra, l’assessore Eugenia Oliva ieri sera ha fatto la prova dell’abito da indossare per non sfigurare. Se come amministratore locale non è un granché, come gusti nel vestire sta messa bene. Complimenti.
LA FOTO WHATSAPP DI EUGENIA OLIVA