Si è concluso con la condanna all’ergastolo di Giuseppe Setola e degli altri esponenti dell’ala stragista del clan dei Casalesi, il processo per l’omicidio dell’imprenditore Domenico Noviello, ucciso a Castel Volturno il 16 maggio del 2008 perché aveva denunciato e fatto condannare nel 2001 alcuni affiliati alla cosca. La Corte d’Assise presieduta da Maria Alaia ha pronunciato la sentenza – in assenza delle telecamere, il cui ingresso in aula non è stato autorizzato – dopo poco più di 4 ore di camera di consiglio ponendo la parola fine ad un processo che negli ultimi mesi aveva conquistato la ribalta mediatica per i continui ‘colpi di testa’ di Setola che, attraverso dichiarazioni spontanee, aveva prima detto di voler collaborare iniziando un percorso scandito da numerosi interrogatori, quindi ha improvvisamente ritrattato perché con la giustificazione che ”mia figlia minorenne non vuole lasciare Casal di Principe”. Oggi con Setola sono stati condannati al massimo della pena gli imputati Giovanni Letizia, Massimo Napolano, Alessandro Cirillo e il cugino Francesco Cirillo, che nel 2001 fu condannato proprio grazie alla denuncia di Noviello; per loro il collegio ha disposto anche la perdita perpetua della potestà genitoriale. Trent’anni sono stati inflitti a Metello Di Bona e 13 anni e sei mesi al collaboratore di giustizia Luigi Tartatone. Il collegio ha riconosciuto anche maxi-risarcimenti a favore dei cinque familiari costituitisi (i quattro figli più la moglie, ndr), con somme che vanno dai 420 mila ai 470 mila euro a titolo di danni non patrimoniali, e dai 30 ai 50 mila euro come provvisionale in attesa che nel separato giudizio civile vengano quantificati i danni patrimoniali. Si è dichiarato ”soddisfatto della sentenza” il pm Alessandro Milita, che ha visto accolte totalmente le richieste avanzate durante la requisitoria del 7 luglio scorso, mentre i figli dell’imprenditore, alla lettura del verdetto, si sono lasciati andare in un pianto che ha dato sfogo alle tante emozioni accumulate durante il processo. ”E’ una sentenza giusta, ce l’abbiamo fatta” ha affermato piangendo Mimma Noviello, mentre l’unico figlio maschio Massimiliano, che con il padre lavorava e dal giorno della sua morte vive sotto scorta, si è detto ”sorpreso della severità del verdetto, specie dopo quanto accaduto negli ultimi mesi”. ”Ma finalmente – ha aggiunto – abbiamo ottenuto quello che volevamo. Voglio solo ricordare a tutti i miei colleghi imprenditori che è giusto denunciare ma bisogna farlo per reagire ad un’ingiustizia, come facemmo io e mio padre, non per ergersi a eroi. Se mio padre non avesse denunciato sarebbe morto di rancore e rabbia”. Esulta per la sentenza la senatrice del Pd Rosaria Capacchione: “Sei anni e sei mesi dopo c’è giustizia anche per Mimmo Noviello – ha detto la cronista anticamorra sotto scorta dal 2008 – la Corte ha spazzato via gli strumentali tentativi di Setola di collaborare con la giustizia”. Il delitto Noviello fu il secondo commesso da Setola e dai suoi sicari durante la stagione del terrore che nel 2008, tra maggio e dicembre, provocò 18 morti nel Casertano, tra cui i sei africani trucidati la sera prima di San Gennaro (il 18 settembre 2008). Lo stesso Setola, condannato a numerosi ergastoli con i suoi sodali per quegli episodi, spiegò di aver dato ordine di uccidere Noviello per vendicarsi della sua denuncia e costringere gli altri imprenditori a pagare il pizzo, cosa che puntualmente avvenne. L’esecutore materiale del delitto, Massimo Alfiero, che sparò contro l’imprenditore 22 colpi di pistola, è già stato condannato all’ergastolo con rito abbreviato svoltosi a Napoli.

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