AVELLINO – “Volevano uccidermi”: sono le poche, drammatiche, parole dette dalla giovane studentessa laziale vittima di uno stupro nella notte tra sabato e domenica dopo una serata nella discoteca Guernica di Pizzoli (L’Aquila). La frase è stata riferita alla madre – secondo quanto ha raccontato l’avvocato di famiglia, Enrico Maria Gallinaro
– nella giornata di domenica in ospedale, dove la giovane era stata appena operata dopo la violenza sessuale subita e il successivo abbandono in mezzo alla neve. Poi, ancora sotto choc, non ha più voluto parlare di quel che le è accaduto. La madre ha trasferito quella frase agli inquirenti, dando altro impulso alle indagini. “La giovane non ha più parlato di quanto le è successo quella notte”, ha spiegato il legale, che ha incontrato la 21enne studentessa dell’università dell’Aquila. “Sta cercando di elaborare quei drammatici momenti e quindi non parla del gravissimo fatto, anche se fisicamente si sta riprendendò. Il legale è preoccupato per la pressione mediatica sulla giovane e sulla famiglia. “Sono assediati, e questo aggrava ancora di più una situazione già molto complessa”, ha riferito ancora Gallinaro. Le indagini da parte della procura della Repubblica continuano: il pm David Mancini ha ascoltato nuovamente i due militari meno implicati (uno campano e l’altro aquilano), i quali hanno ribadito di essere estranei ai fatti chiarendo, secondo quanto si è appreso, alcuni passaggi che erano apparsi contraddittori della loro lunga deposizione di domenica scorsa. Sono stati ascoltati anche alcuni medici, in particolare quelli del 118 intervenuti nei pressi della discoteca per soccorrere la giovane, e quelli che le prestarono la prime cure in ospedale. In questo contesto, sembra aggravarsi la posizione del militare della provincia di Avellino di stanza all’Aquila, il maggiore sospettato delle quattro persone – oltre a lui, i due commilitoni e una ragazza – che sono coinvolte, con ruoli diversi, nella vicenda. I primi risultati delle analisi del Ris di Roma dei carabinieri hanno accertato, infatti, che il sangue e le tracce biologiche trovate sulla camicia, nella mano e sul braccialetto del caporale avellinese sono proprio della vittima dello stupro.