Nell’ambito dell’indagine della Guardia di Finanza a Napoli sono state eseguite 22 ordinanze di custodia in carcere, 25 ai domiciliari e 13 divieti di dimora a Napoli. L’indagine, coordinata dal procuratore aggiunto Federio Cafiero de Raho, e dai pm Francesco Curcio, Alessandro Milita e Ida Teresi e’ concentata sulle attivita’ degli imprenditori Ragosta che, attivi nel settore siderurgico, nel corso degli anni hanno messo in piedi un vero e proprio impero economico con l’acquisto, tra l’altro delle Acciaierie Sud, di alberghi a Taormina e a Vietri sul Mare, un palazzo storico a Roma e del biscottificio Lazzaroni.
Secondo quanto emerso dalle indagini, i Ragosta avrebbero reimpiegato denaro del clan Fabbrocino che opera nella zona vesuviana. “Franco Ambrosio era il polmone economico-finanziario del gruppo Ragosta. Grazie all’apporto del clan la famiglia imprenditoriale ha avuto utili per milioni di euro”, scrive poi il gip diNapoli Alberto Capuano, che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare che ha portato agli arresti di oltre sessanta indagati. Secondo l’accusa e’ proprio Franco Ambrosio, pluripregiudicato ed esponente apicale del clan Fabbrocino, il “motore” che porta i Ragosta a diventare i riciclatori della cosca di San Giuseppe Vesuviano. Ad accusare gli esponenti del gruppo imprenditoriale sono sette collaboratori di giustizia, quasi tutti vecchi uomini del clan Alfieri poi passati con lo Stato. Uno dei piu’ precisi e’ Carmine Amoruso, anche lui originario dell’area vesuviana, che il 26 gennaio dello scorso anno diceva ai pm: “So che i Ragosta sono dei fratelli che operano principalmente, ma non esclusivamente, nel settore metallurgico e in quello dei rifiuti ferrosi che smaltiscono per la maggior parte in Puglia. Uno dei capiclan mi riferi’ che erano protetti perche’ amici del clan”.