Se com’è probabile le regionali della Campania si terranno il prossimo novembre tra circa un mese già si entrerà nel pieno della campagna elettorale. Sul fronte del centrosinistra è praticamente chiuso l’accordo sul nome del candidato presidente: sarà il pentastellato Roberto Fico, ex numero uno della Camera dei deputati. Decisiva l’intesa, che ha lasciato in tanti perplessi, per non dire sgomenti, tra il Pd, il M5S e Vincenzo De Luca. Per disegnare il perimetro del campo largo in Campania Elly Schlein è dovuta scendere a patti con il governatore uscente. Una scelta non facile per la segretaria dem che all’indomani della sua vittoria alle primarie aveva inserito ai primi posti della sua agenda politica “la lotta ai cacicchi”, con un chiarissimo riferimento proprio a De Luca. La realpolitik ha costretto la leader del Pd ad una clamorosa inversione ad “u”. Per incassare il via libera del presidente della Regione uscente alla candidatura di Fico – i due sono da oltre 15 anni in netto contrasto, anzi in guerra – Schlein ha barattato la segreteria regionale dem accettando di consegnarla nelle mani del figlio del governatore, il deputato Piero De Luca.

Vincenzo De Luca e Elly Schlein

Il clamoroso patto sarà formalizzato nel congresso in programma a fine mese che segnerà la fine del commissariamento regionale di Antonino Misiani, spedito in Campania per “fare pulizia” e “stoppare le iscrizioni monstre” collezionate a suon di pacchetti di tessere dai cacicchi, appunto. Mission miseramente sacrificata sull’altare del pragmatismo politico. Per tirare la volata a Fico e per siglare l’intesa con i pentastellati, che rientra nell’accordo più ampio a livello nazionale, Schlein ha dovuto ingoiare l’ingombrante rospo De Luca con la folta schiera dei suoi accoliti. Resta ancora da scogliere il nodo del numero delle liste deluchiane. Il governatore spinge per presentarne due. Il Pd gliene vuole concedere una per arginare l’erosione dei voti al partito. Molto probabilmente De Luca si accontenterà di una sola lista e terrà le grinfie sui dem campani attraverso la leadership del figlio Piero.

Susanna Camusso, Francesco Boccia e Stefano Graziano

Anche il commissariamento dei democrat casertani è stato all’insegna di “solo chiacchiere e distintivo”. Susanna Camusso, inviata speciale della Schlein in Terra di Lavoro, non ha estirpato i mali del partito: personalismi e rendite di posizione. La lotta intestina contro Gennaro Olivero si è tradotta con la sopravvivenza di Stefano Graziano, bonacciniano della prima ora che un minuto dopo la sconfitta dell’ex presidente dell’Emilia-Romagna non lo ha nemmeno salutato, riciclandosi in novello schleiniano di ferro. Il deputato casertano è uno dei massimi esponenti mondiali del “doppiopiedismo”. Con un piede stava con Bonaccini e Pina Picierno, con l’altro con Schlein, per il tramite dell’amicizia fraterna con Francesco Boccia. Graziano ama definirsi democristiano. Un modo goffo per mascherare il suo opportunismo politico all’ennesima potenza. Non a caso pure quando ha perso – ed è capitato spesso sia alle elezioni, che ai congressi – ha sempre ottenuto posti molto remunerativi di sottogoverno, come la consulenza ottenuta dall’allora premier Enrico Letta, anche lui sedotto e abbandonato, e quella conferita da De Luca, divenuta celebre perché, per stessa ammissione del governatore, “gli fu data per pietà”.

Marco Villano

Dopo essersi sbarazzato di Oliviero, per merito di Boccia, ora Graziano sta ricorrendo ai suoi soliti metodi per far eleggere alle regionali il suo pupillo Marco Villano. Arcinota la strategia del deputato di Teverola: puntare all’eliminazione con ogni mezzo degli altri possibili candidati del Pd “pericolosi” per Villano sul piano elettorale. Alcuni dei quali lo hanno fortemente sostenuto alle politiche del 2022 contribuendo al suo ritorno a Montecitorio, dov’è riapprodato soprattutto perché calato da Roma nel listino bloccato. Ma la riconoscenza non è una dote di Graziano. La lealtà confligge con l’opportunismo. Quindi il suo unico obiettivo è la vittoria di Villano per assicurarsi un uomo di fiducia nel parlamentino campano, anche a discapito del risultato complessivo del Pd casertano alle regionali. Peggio del gattopardismo: non cambiare nulla per restare sempre a galla. Anche con un bacino di pochi voti. Anche quando si perde.

Mario De Michele

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