Razzismo negli stadi, c’é chi dice basta. La sospensione odierna di Pro Patria-Milan, a causa dei cori offensivi all’indirizzo dei quattro calciatori del club rossonero, Boateng, Niang, Emanuelson e Muntari, è solo l’ultimo atto di una specie di ‘commedia dell’orroré che va avanti ormai da decenni.
Non è solo storia italiana: in Premier il derby Tottenham-West Ham è stato caratterizzato da cori pro Hitler, lo Zenit di Spalletti ha dovuto affrontare il divieto dei suoi ultrà a ingaggiare giocatori di colore e omosessuali. Ma spesso, ancor prima delle forze dell’ordine, dell’arbitro, dell’autorità, sono i calciatori stessi a ribellarsi. Da Zoro a Boateng, che calciando il pallone contro i buu dei tifosi Pro Patria ha segnato la fine dell’amichevole della vergogna, il calcio italiano è costellato di casi di intolleranza ma anche di reazioni forti. . Quando il Messina militava in Serie A schierava un difensore ivoriano, Marc André Zoro, che per il colore della propria pelle spesso finiva nel mirino delle curve. Il 28 agosto 2005, nello stadio Olimpico, a Roma, cori razzisti si abbattono su di lui da parte dei tifosi della Lazio, tant’é che il presidente Lotito poi si reca negli spogliatoi e si scusa a nome del club. Il successivo 27 novembre, Zoro finisce nel mirino dei tifosi dell’Inter presenti nello stadio San Filippo, a Messina, e lascia il campo, rifiutandosi di proseguire, poi viene convinto dall’allora attaccante brasiliano dei nerazzurri, Adriano, e dai compagni. Era invece il 2001 quando gli undici giocatori del Treviso scesero in campo con le facce dipinte di nero: la settimana prima, a Terni, i loro tifosi avevano sommerso di fischi e buu il nigeriano Omolade, 18 anni, giocatore della propria squadra. Così a distanza di 4 anni gli stessi calciatori veneti in campo mostrarono in campo uno striscione di solidarietà a Zoro, quando il Messina andò a giocare a Treviso. La domenica successiva, a Treviso, i giocatori della squadra locale scesero in campo con la faccia colorata di nero, proprio nella sfida contro il Messina. A novembre 2010, Ultrà Italia esposero a Klagenfurt durante un’amichevole dell’Italia uno striscione contro Balotelli: ‘No all’Italia multirazzialé. “Avrei voluto scendere in campo e abbracciare Balotelli”, disse il ct Prandelli, promettendo che se la situazione si fosse ripetuta avrebbe ritirato la squadra. Promessa mai messa alla prova dei fatti. Una reazione forte è stata anche quella della Lazio: ‘No al razzismo’, la scritta sulla maglia, al posto dello sponsor, per reagire a quella parte di Curva Nord che aveva intonato cori antisemiti contro il Tottenham. Perché se i calciatori dicono basta forse non è sufficiente, ma di sicuro è un primo passo.