“Chi mi ripagherà di questo Europeo perso, quando sarà tutto chiarito?”. Domenico Criscito era talmente certo della sua innocenza, stamattina alla sua alba più triste, da far strani pensieri assieme alle lacrime che non ha saputo trattenere, una volta rimasto solo in camera. L’Europeo perso, certo, e l’occasione che non torna più. E poi l’amarezza di un colpo inatteso.
“Dite ai pm che voglio essere sentito subito”, ha poi raccomandato ai suoi legali il giocatore azzurro dello Zenit, quando Cesare Prandelli gli aveva già comunicato l’esclusione dall’Europeo. I due avvocati, arrivati a Coverciano a mezza mattina quando le due auto dello SCO erano già tornate a casa con i verbali della comunicazione, saranno domani a Cremona per chiedere un incontro urgente. Troppo tardi per recuperare l’Europeo, e riavere la maglia azzurra che stamattina il 25enne difensore di Cercola ha regalato a Fabio Pisacane, uno dei due che i tentativi di combine li ha denunciati. “Prendila tu, Fabio, che io all’Europeo non vado piu”, ha detto al vecchio amico napoletano, compagno di squadra anche al Genoa. “Quel che mi dà davvero fastidio – ha spiegato Criscito – é che quest’avviso è arrivato solo ora. Fosse stato 15 giorni fa, avrei avuto tempo per spiegare ai pm. E andare all’Europeo. Io a quel pranzo ripreso dalla foto sono andato per incontrare i tifosi dopo un derby perso, nient’altro”. Avrebbe voluto già spiegarlo ai 5 funzionari dello SCO che si sono presentati alle 6,20 di stamattina al cancello di Coverciano. Hanno suonato svegliando la guardia, poi alla reception hanno chiesto di Criscito. Gli addetti del centro tecnico hanno prima chiamato il segretario della nazionale, Mauro Vladovich, che ha svegliato il giocatore. E con lui involontariamente Ranocchia, compagno di stanza. “Pensavamo a uno scherzo”, racconteranno poi in coro i due. Ma intanto i poliziotti, su mandato dei pm di Cremona, stavano perquisendo anche la casa di Genova, la moglie Pamela ad aprir loro la porta. A Firenze, gli uomini mandati da De Martino hanno letto il capo d’imputazione (associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva) e in quasi tre ore hanno verbalizzato tutto, prima di andarsene. A quel punto è cominciato il vero frullatore di Criscito. La telefonata alla moglie per rassicurarla da quella trasmissione Rai che aveva parlato di arresto, quella al procuratore Andrea D’Amico, poi con gli occhi lucidi dal pianto il colloquio breve con Prandelli, il ct della nazionale etica; ma prima, pochi minuti senza riuscire a parlare, il ragazzo e il suo ct. In quel momento i compagni si preparavano a scendere in campo per l’allenamento senza di lui. Segno premonitore della scelta definitiva dell’esclusione. Criscito a quel punto ha ‘convocato’ i suoi avvocati in ritiro per fissare una linea difensiva, poi é sceso nello spogliatoio di Coverciano: “Ragazzi, mi dispiace. Per me, e per lo spogliatoio: ma sono estraneo, assolutamente estraneo”. E lì la commozione di tutti non ha avuto argini, tra gli abbracci reciproci. “Non è da me fare queste cose. Per fortuna non ho bisogno di soldi, 20, 30, 40 mila euro non so quanti erano, ma non ho bisogno di soldi per fortuna – spiegherà poi a Rtl, dopo il pranzo a Coverciano, appena ripresa la strada di casa in macchina -. Faccio un mestiere che ho sempre sognato fin da piccolo e non me lo voglio rovinare per certe cavolate”. Cavolata, per lui, e quel pranzo ripreso da foto degli investigatori. “Ci siamo sentiti al telefono, volevano incontrarmi per quello che era successo la domenica prima e chiarire alcune cose perché comunque c’é un rapporto di amicizia tra giocatore e capo ultrà – racconta ancora il difensore -. Perché comunque le persone con cui ho parlato erano miei amici, sono miei amici e volevano solo chiarire. Nel derby del 2011 durante il quale ci avevano contestato tutto il secondo tempo e poi è scoppiata la rabbia quando abbiamo fatto gol all’ultimo secondo e qualche giocatore deve aver detto qualche parola di troppo”. E’ il derby per il quale Milanetto, allora al Genoa e stamane arrestato, sarà costretto a lasciare Genova. “Io conoscevo i due ultrà che mi hanno detto che era un bosniaco che non conosco assolutamente e non l’ho neanche conosciuto quel giorno. Sinceramente, che io ricordi, non ci ho mai parlato”. Ora la preoccupazione è per la famiglia (“mia moglie è una gran donna, mi ha consolato”) e per la via giudiziaria da percorrere. “Sono certo, ne uscirò alla grande”. Chissà se quel giorno ripenserà a Euro 2012.