“Non so se qualcuno ora vorrà salire sul carro – la piccola rivincita del commissario tecnico il giorno dopo i rigori con l’Inghilterra – So solo che i sassolini me li tengo tutti nella scarpa, così ricordo meglio. E se daranno l’assalto al carro, bene: il tackle è la nostra specialità. Sappiamo anche dare dei calcioni”.
Ci sono i numeri, dalla parte di Prandelli. Più convincenti di ogni scetticismo, e soprattutto di quanto non dica il risultato sul campo. Ventiduemilioni di spettatori tv ai rigori. Trentaquattro azioni d’attacco in 120′ contro i maestri inglesi, e venti tiri in porta. Roba impensabile per il derelitto calcio italiano post-Sudafrica. Un colpo di scopa a qualsiasi luogo comune sul catenaccio italiano. E il miglior viatico per una nazionale stanca, ma ora affascinata dalla sfida infinita alla Germania. “Quel 4-3 del ’70 per me, ragazzo quattordicenne, e’ stata ‘la’ partita: vista in tv con mio papà, la più grande emozione”. Dopo quella di giovedì prossimo, l’auspicio aggiunto con un sorriso sornione. In sala stampa a casa Azzurri lo accoglie lo stesso applauso, tra inviati stranieri e steward, che i familiari dei giocatori hanno riservato alla squadra quando ieri notte è entrata sul charter da Kiev. In fondo, era l’eco dei complimenti riservati dalla stampa internazionale a Pirlo (“il suo è stato un colpo geniale”) e compagni. “Anche da quella più cattiva di voi?…”, ironizza Prandelli, cui non sono andati giù tanti dubbi sulla sua filosofia di anti-italianista. “La partita di ieri contro l’Inghilterra – inizia il suo racconto – è stato il frutto di due anni di lavoro. Sono pochi per cambiare un modo di pensare. Siamo solo all’inizio. Ma si comincia sempre dall’alto. La situazione, lo ripeto oggi, è grave. Basta guardare al ranking del nostro calcio giovanile: e se non cambiamo direzione, tra qualche anno vedremo Europei e Mondiali in tv”. Sulle nuove generazioni punta, per guardare al futuro. “Mi dicono che in Italia le piazze si sono riempite davanti ai maxischermi, ed erano giovani: questo vogliono vedere, non un calcio che specula e ha il braccino corto ma un calcio che ha coraggio di proporre”, è il manifesto azzurro. “Per questo, è molto più semplice entusiasmare i giovani che la critica…”. Per questo, pensare di buttare il coraggio oltre l’ostacolo Germania non è follia. “Sono i favoriti, ma nessuno è imbattibile. Anche loro hanno dei punti deboli, su quelli dobbiamo lavorare. Si vince con un’idea”, assicura Prandelli, rassegnato a non poter colmare il gap di due giorni di riposo in meno, ma sicuro di poter affrontare quello tecnico. “Ozil è regista a tutto campo, atipico. Sono fisici e tecnici: raccolgono i frutti di un lavoro cominciato nel 2006 sui giovani. Solo un dato: loro hanno 17 centri federali, noi uno”. Per evitare che finisca anche sul campo presso a poco con quello scarto, Abete ha chiamato Prandelli e ora se lo tiene stretto (“sirene dei club? Normale: ma c’é un contratto fino al 2014, e le soddisfazioni vissute da noi sono le stesse vissute dal ct…”, dice il presidente Figc). Oggi, è l’unico tecnico in grado di far giocare la nazionale meglio della somma dei suoi fattori. C’é Pirlo a dare lustro al gruppo. “Sul rigore ha fatto una cosa geniale: non avevo pensato, come poi ha spiegato, al fatto che il cucchiaio mettesse pressione all’Inghilterra – l’elogio – Non so se sia più o meno forte di Xavi. Ma una continuità di gioco, nei 90′, impressionante: pochi al mondo cosi”. Poi però c’é da far media con le incompletezze di Cassano e Balotelli, simboli di un attacco che non si sblocca. “Ma averne, di Cassano così anche solo per 40′-50′ – la difesa del ct – Ha giocato quattro partite dopo mesi di inattività, e ieri ha pagato il ritmo gara. Balotelli invece mi è piaciuto: ha fatto quel che gli avevo chiesto, e sulle palle gol c’era sempre. Gli é mancata fortuna e lucidità. E’ stato molto, molto sufficiente”. Almeno nei voti, meglio tenersi un po’ stretti.