Come un “jab” e un “montante” sferrati in pieno volto da un peso massimo. La Dda di Napoli rischia di finire kappaò. La decisione del Riesame di annullare l’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Luigi Cesaro per mancanza di gravi indizi di colpevolezza è un colpo al cuore all’inchiesta a carico del deputato di Forza Italia e degli altri indagati, tra cui i fratelli Aniello e Raffaele, l’ex sindaco di Lusciano Isidoro Verolla e l’ex consigliere regionale Nicola Ferraro, già scarcerati nei giorni scorsi. “Jab” e “montante”. Procura antimafia al tappeto? Presto per dirlo. È indiscutibile invece che knock-out sia finito Luigi Guida, collaboratore di giustizia, ritenuto negli anni di “militanza” nei Casalesi il reggente del clan Bidognetti. Noto negli ambienti camorristici con l’appellativo di “O’ Drink”, è lui il principale accusatore di Cesaro, nel mirino dei pm per concorso esterno in associazione camorristica e turbativa d’asta, e degli altri indagati illustri. E per il tribunale della libertà napoletano le sue dichiarazioni non sarebbero attendibili. Per saperne di più bisognerà attendere le motivazioni della sentenza. Ma è evidente che attorno alle parole di Guida ruota gran parte dell’impianto accusatorio. E se l’ordinanza è stata annullata è perché il suo “narrato” non ha convinto i giudici.
Per chi segue le cronache giudiziarie non è una novità, anche se nessuno lo fa notare. Guida è stato smentito, sconfessato e liquidato per ben quattro volte dalla Cassazione in un’altra inchiesta su cui si sono accesi i fari abbaglianti del circuito mediatico: il processo a carico del consigliere regionale Enrico Fabozzi e di altre otto persone, tra cui imprenditori e politici locali. “O Drink” ha puntato l’indice contro l’ex sindaco di Villa Literno per presunti reati di camorra in riferimento all’appalto per la riqualificazione urbana della cittadina dell’Agro aversano. Il peso di Guida nel processo Fabozzi è, se possibile, più decisivo di quello della vicenda Cesaro. E’ lui il pentito-chiave, l’epicentro delle accuse. E anche nel procedimento a carico dell’ex primo cittadino liternese, giunto alle battute finali presso il tribunale di Santa Maria Capua Vetere, “O Drink” non convince. In quel caso non il Riesame ma addirittura la Suprema Corte. E per ben quattro volte. Non ci sono gravi indizi di colpevolezza sentenziano a ripetizione i giudici della Cassazione. Quattro kappaò. E ora è arrivata la mazzata dell’inchiesta sui Cesaro. Non sarebbe il caso di non prendere per oro colato le dichiarazioni di Guida? Ai giustizialisti l’ardua sentenza. Che temiamo sia scontata più che ardua.
Mario De Michele