CASAPESENNA – Le spalle, oggi, in tanti le hanno girate a Casapesenna (Caserta): a chi chiedeva se conoscevano Michele Zagaria, a chi chiedeva perché lo avessero protetto, a chi chiedeva se oggi era un giorno di festa. A chi chiedeva, e basta. E’ come se tutti quelli che si erano piazzati davanti al bunker dove il boss è stato stanato, che erano davanti al bar o seduti in piazza non fossero di lì. Lo hanno anche detto, per la verità: ‘Veniamo da fuori. Siamo solo curiosi. Se oggi e’ un giorno di festa? Boh, c’é il solé. Definirla omertà è quasi riduttivo. Soprattutto dopo che si esce dalla chiesa dove si incontra don Luigi Menditto, sacerdote da 48 anni proprio nella ‘casa’ del capo dei capi.
“Qui siamo nati senza legge. Qui lo Stato ha sbagliato”, dice rinchiuso nella sua tonaca nera. E poi, Zagaria non lo chiama boss, mai: “E’ un parrocchiano al quale portare il Vangelo”. Sarà per tutto questo che oggi, a Casapesenna, quasi 7mila residenti, tra strade che portano tutte il segno dell’abusivismo edilizio, oggi sembrava mancare l’aria. Qualcuno ha ricordato Zagaria perfino così: “Un bambino buono, che giocava a nascondino in piazza”. Sarà. E qualcun altro non ha perso tempo a difenderlo, senza se e senza ma. E così, nel bel mezzo della piazza, si è messo ad urlare, tanto per farsi sentire bene e da tutti: “Oggi è una giornata di lutto, oggi qui non c’é nulla da festeggiaré”. Perché? “Perché Zagaria, per noi, c’era sempre – spiega – ci dava i soldi quando ne avevamo bisogno, il lavoro per i nostri figli”. E colpisce anche quello che dice Laura, 18 anni, niente studio e niente lavoro. Addobba le finestre con le luci di Natale, pochi metri più in là da dove Zagaria si nascondeva. E così ti spiega che “certo, oggi é un giorno importante, da far festa”. Poi, però, si ferma un attimo e aggiunge: “Da oggi c’é anche da aver più paura”. Perché? “Perché qui, fin quando tutti sapevano che c’era Zagaria, nessuno si azzardava a chiedere il pizzo ai commercianti, a fare furti nelle case. Insomma si stava sicuri – dice – da domani, boh, non so. Forse no”. Guai, poi, a fare domande davanti casa dove si nascondeva il boss. Di fronte c’é una villa, sul citofono Zagaria. Palme, sciarpe in cachemire al collo. Toni ‘gentili’: “Non vogliamo parlare e basta”. Poi, arriva il figlio, poco più che ventenne, della proprietaria di casa che ha ‘ospitato’ Zagaria. “Non siete nessuno”, urla ai poliziotti all’ingresso. Ed è allora che le donne del vicolo escono tutte insieme, tutte ad abbracciarlo. E giù con gli insulti e con minacce a chi prova a fare domande, “vattene o guai a te”. Qualcuno, in qualche vicolo, prova a dirlo: “Lo Stato non ci abbandoni, non siamo tutti camorristi”. E il sindaco, Fortunato Zagaria, un passato nel Pdl, “oggi apolitico”, al suo terzo mandato, dopo una interruzione, quasi non si sorprende che la primula rossa sia stata arrestata proprio nel suo comune, “l’importante è che sia stato preso”. Poi, avverte, “la camorra non è ancora sconfitta. E i giovani che si sentono ‘affascinati’ capiscano che il conto si paga sempre”. Una parola, camorra, che poco più in là, nella chiesa di Santa Croce, dove il presepe è già pronto e dove i bimbi del coro provano le canzoni di Natale, don Luigi non pronuncia quasi mai. “Che giorno è oggi? E’ mercoledì ed è la vigilia dell’Immacolata”, esordisce il parroco. E poi: “Non ha idea di quanti disagi oggi i cittadini hanno avuto, la gente ha sofferto. Si sono trovati circondati, non sono potuti neanche arrivare in chiesa, neanche andare a lavorare”, continua. Sì, ma tutto questo è servito ad arrestare un boss, è la domanda. “Il nostro programma è portare il vangelo alle anime”, la risposta. Anime come Zagaria, “un parrocchiano come gli altri al quale portare il Vangelo”. “Certo che l’ho incontrato – racconta poi – qui in questa chiesa non si è mai scesi a compromesso con la camorra. Fino a quando mi hanno fatto richieste cristiane, come la celebrazione di un matrimonio, di un battesimo, ho detto sì”. Don Luigi, oggi, era arrabbiato, più che soddisfatto, “perché qui siamo nati senza legge, perché qui lo Stato ha sbagliato, non c’é stato per troppi anni”. Sarà. Ma forse è mancata anche la ribellione della gente, si chiede a don Luigi. “Forse sì – risponde – io ho fatto e voglio fare il sacerdote, voglio portare il Vangelo a tutti”.