“Ha vinto lo Stato”, ha detto probabilmente con ironia. Ma il sorriso si è spento poco dopo, quando ha ammesso: “E’ finita”. Il superboss Michele Zagaria é apparso cordiale, a tratti formale, con magistrati e poliziotti che lo hanno arrestato nel suo bunker superprotetto, a quattro metri di profondità. Invecchiato rispetto agli ultimi identikit, comunque curato e in buona salute, l’ex primula rossa della camorra ha usato toni da fair play.
Non era armato, e ha confessato agli uomini in divisa la sua paura: quando, durante le ricerche, la polizia ha staccato la corrente elettrica nella zona di Casapesenna dove c’era il nascondiglio, si è spento l’impianto di aerazione e Zagaria ha temuto di morire soffocato. Da alcune ore il boss stava seguendo, attraverso le telecamere di sorveglianza installate all’esterno, scavi e perquisizioni della polizia: quando si è visto accerchiato, al buio e senz’aria ha capito di doversi arrendere, e ha iniziato a urlare per segnalare la sua presenza. “Vi chiamavo e non mi sentivate…”, si è quasi lamentato, dopo, “don” Michele con gli agenti. E’ stato lui stesso, dopo la riattivazione dell’elettricità, ad azionare il meccanismo di apertura del passaggio che rivelava prima una scaletta e poi un corridoio in discesa, per arrivare al covo. Grande l’entusiasmo tra i poliziotti che hanno partecipato all’operazione. Abbracci e grida di gioia per celebrare l’arresto. Tra i primi ad avvicinare Zagaria, nel bunker, il pm della Dda di Napoli Catello Maresca, che gli ha detto: “E’ finita”. Il boss ha annuito, ripetendo la stessa frase e riconoscendo il magistrato: “L’ho visto in tv, ha spiegato”. A Maresca ha chiesto, pacatamente, il permesso di fare una doccia, prima di uscire dal bunker. In prima fila nella pattuglia degli investigatori c’era anche Vittorio Pisani, vicequestore, a lungo capo della Mobile partenopea, indagato (per lui la procura ha chiesto il rinvio a giudizio) per un presunto giro di riciclaggio di denaro. Destinatario di un divieto di dimora a Napoli, è stato trasferito al Servizio centrale operativo, a Roma, e proprio in questa veste ha partecipato al blitz, assieme agli ex colleghi della questura partenopea ed a quelli di Caserta. Ispezionando il rifugio sotterraneo, gli agenti hanno trovato tracce della vita da recluso che il superlatitante ha condotto negli ultimi anni. Un bunker tecnologico (sofisticato il meccanismo che faceva scorrere il pavimento della villetta sovrastante per consentire l’accesso e l’uscita), protetto da telecamere e arredato spartanamente. Due divani, una libreria con pochi volumi, quasi tutti “a tema” (tra gli altri “Gomorra” di Saviano e i due libri del magistrato anticlan Raffaele Cantone), sulle pareti un crocifisso, immagini sacre, poster di auto di Formula 1 e le foto, disposte a formare un cuore, dei parenti. Da questa notte, “don” Michele dormirà invece in una cella del penitenziario di Novara, in regime di 41 bis.