Lo potremmo definire il “sistema Zinzi”. Un modello (da non imitare) di pessima gestione della Provincia di Caserta. Un disastro dal punto di vista amministrativo. Un capolavoro sotto il profilo politico-elettorale. Mostreremo a puntate le due facce di Domenico Zinzi. Quella del presidente incensato da gran parte degli organi di informazione. E quella vera di chi in realtà ha condotto di fatto al dissesto finanziario l’Ente. Carte e numeri alla mano faremo nomi e cognomi. E metteremo sul tavolo il conto salato che l’ex numero uno di Corso Trieste ha presentato ai casertani al termine di 5 anni di governo. Per comprendere il “sistema Zinzi” basta fare luce su alcuni recentissimi provvedimenti. Una raffica di nomine e incarichi di “fine mandato” conferiti in piena campagna elettorale delle regionali. Guarda caso in campo c’era il figlio Gianpiero che ha incassato oltre 21mila voti. Il rampollo di casa Zinzi si è piazzato al primo posto nella lista di Forza Italia. E si è assicurato un seggio nel nuovo parlamentino campano. Tutto merito del giovane delfino di Mimì? Forse. Ma alcune strane coincidenze alimentano il dubbio che Gianpiero abbia raccolto ciò che ha seminato il padre durante gli anni di presidenza della Provincia. Come dicevamo, qualche esempio lampante risale agli infuocati giorni di campagna elettorale. Nella puntata di oggi tratteremo il “caso” della società “Terra di Lavoro”, di cui la Provincia è socio unico. L’azienda si occupa della manutenzione ordinaria e straordinaria di immobili, della rete viaria, degli impianti termici e della custodia e portierato di edifici. Le sue casse non sono floride. Tutt’altro. Ma gli sprechi, dovuti alle solite logiche clientelari delle società a totale capitale pubblico, sono proseguiti negli anni. Lo slogan è sempre lo stesso: “Chi le gestisce sperpera, i cittadini pagano”.

Per non disperdere l’antica tradizione lo scorso 8 aprile (in piena campagna elettorale, repetita iuvant) l’assemblea della “Terra di Lavoro” ha eletto i nuovi vertici aziendali passando dall’amministratore unico a un Cda composto da tre persone. Le motivazioni e le modalità che hanno determinato il nuovo assetto societario sono uno straordinario esempio di “creatività gestionale”. L’amministratore unico Giovanni Russo relaziona all’assemblea che “viste le dimensioni aziendali… al fine di assicurare una maggiore efficacia gestionale… l’organo amministrativo abbia struttura collegiale e non monocratica”. E seduta stante si dimette. Pochi secondi dopo viene nominato il Cda di cui fanno parte, udite udite, lo stesso Russo, Piergiorgio Mazzuoccolo, vicesindaco di Pignataro Maggiore, e Luciano Mariniello di Lusciano (parente dell’assessore provinciale uscente Giuseppe Mariniello?). La sceneggiata non finisce qua. In un batter d’occhio Russo viene indicato presidente del Cda, quindi ritorna dalla finestra alla guida della “Terra di Lavoro” dopo essere uscito, per un attimo, dalla porta. Contestualmente vengono stabiliti anche i compensi: Russo intascherà 36mila euro più Iva, a Mazzuoccolo e Mariniello spettano 23mila euro a testa oltre Iva. In più il contratto è “blindato”. E’ quasi impossibile revocarli. Una messinscena geniale, degna del miglior Eduardo De Filippo o del Carmelo Bene dei tempi d’oro. Anche perché quando sembra che stia per calare il sipario c’è un altro clamoroso colpo di teatro.

Lo scorso 5 maggio va in scena il secondo atto. L’assemblea della società si riunisce in seguito alle dimissioni di Mazzuoccolo (che il 30 aprile è stato eletto presidente dell’Idrico assieme al nuovo Cda del Consorzio, poi sospeso dal Tar). Si procede alla nomina del nuovo componente del consiglio di amministrazione della “Terra di Lavoro”. A Mazzuoccolo subentra Salvatore Del Prete, ex consigliere comunale di Orta di Atella, talmente fedele a Zinzi senior al punto da litigare con suo cugino Amedeo Iovinella, candidato alle regionali con l’Udc, pur di sostenere ad ogni costo Zinzi junior. In fatto di fedeltà Del Prete non ha mai lasciato a desiderare. Per anni è stato il “tuttofare” dell’ex sindaco ortese Angelo Brancaccio. Ma quando si incrinò il rapporto con l’ex primo cittadino e capì che non c’era più trippa per gatti salì immediatamente sul carro politico dell’ex presidente della Provincia. Il “caso” della società “Terra di Lavoro” spiega il funzionamento del “sistema Zinzi”. Nella prossima puntata ne tratteremo altri. Come diceva Agatha Christie “un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova”.

Mario De Michele

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