Ennesimo colpo di scena in una vicenda che sembra non avere fine. Contro la sospensione Vincenzo De Luca non presenta un solo ricorso, ma due. Il primo, depositato ieri in Tribunale a Napoli dopo una notte di lavoro dal pool di avvocati amministrativisti che assistono il neogovernatore (Lorenzo Lentini, il deputato Fulvio Bonavitacola e Giuseppe Abbamonte) è un’istanza di merito; il secondo, che verrà presentato stamane, è invece il ricorso urgente ex articolo 700, simile a quello proposto dal sindaco di Napoli Luigi de Magistris qualche settimana fa, poi accolto dai giudici. Ad annunciarlo è stato lo stesso De Luca con una nota: «Siamo assolutamente sereni e fiduciosi». Nel frattempo, assicura, «continuiamo a lavorare sulle principali questioni relative alle politiche regionali. Siamo pienamente impegnati sulle emergenze ambientali e occupazionali. Dovremo far fronte, nei prossimi giorni, a scadenze legate ai fondi europei, ai tetti di spesa sanitaria, al trasporto pubblico locale per il quale bisognerà evitare ogni interruzione. Il nostro lavoro continua – insiste – guardando, come sempre, agli interessi delle nostre comunità, e assumendoci le nostre responsabilità verso i cittadini campani». Ma perché il doppio ricorso? Dietro questa mossa c’è una nuova strategia. Che punta non solo a ottenere la sospensiva della sospensione ma anche a blindare De Luca da qualsiasi decisione che verrà assunta dalla Corte Costituzionale il 20 ottobre. Per i legali è innanzitutto evidente la sussistenza del cosiddetto «fumus boni iuris», cioè delle ragioni di diritto: gli avvocati di De Luca affermano l’esistenza di un fumus che prescinde dai profili di costituzionalità. La legge Severino, sostengono, è carente perché le norme non hanno previsto la fattispecie della sospensione di un neoeletto non insediato; e ciò si collega direttamente al secondo presupposto per l’adozione della misura cautelare, il cosiddetto periculum in mora, cioè il danno. Proprio a causa del «buco» nella legge, l’eventuale sospensione del governatore, senza che egli possa nominare una giunta e un vicepresidente, si trasformerebbe di fatto in decadenza, come sostiene anche l’Avvocatura dello Stato. E ciò lederebbe sia il diritto soggettivo di De Luca che quello dei cinquanta consiglieri regionali eletti, nonché dell’ente stesso con conseguenze negative sui cittadini campani. In questo modo, è il ragionamento dei legali, il danno si estenderebbe da un piano soggettivo a una sfera molto più ampia. Solo in subordine i difensori puntano sui profili di incostituzionalità della legge Severino facendo leva, anche qui, su due presupposti di fumus. Il primo è lo stesso motivo che ha spinto Tar, Consiglio di Stato e Tribunale ordinario a rimettere in sella de Magistris in attesa del verdetto della Consulta: e cioè che il fatto che sia incardinato un giudizio costituzionale presuppone già l’esistenza di un fumus di ragionevolezza. Il secondo riguarda la legge Severino in quanto tale e la natura del provvedimento di sospensione che, in quanto sanzione afflittiva, dovrebbe considerarsi, secondo ciò che la Corte di giustizia europea ha stabilito, quasi una sanzione penale. E dunque, in quanto tale, non potrebbe mai essere retroattiva, mentre nel caso di De Luca (come in quello di Berlusconi) lo sarebbe, perché il presunto reato commesso dal neogovernatore è precedente all’entrata in vigore della legge stessa.

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