CASANDRINO – Da una parte una bottiglia di champagne, dall’altra una macchia di sangue. E’ racchiuso qui, lungo via Paolo Borsellino, a Casandrino, comune alle porte di Napoli, l’immagine del Capodanno 2012 in Campania. Un Capodanno che ancora una volta conta un morto, Marco D’Apice, 39 anni:

ammazzato non dai botti, non da esplosioni, ma da un proiettile vagante, come ormai da troppi anni accade. D’Apice stava festeggiando i primi attimi del nuovo anno quando, davanti al suo ristorante, Villa Alexus, è stato ferito a morte da un colpo di pistola. Non un agguato, sostengono gli agenti della Squadra Mobile di Napoli. Un incidente, dunque, determinato da chi ha avuto la folle idea di festeggiare sparando colpi di arma da fuoco. Può essere stato un avventore del ristorante, un parente della vittima. Può essere stato lo stesso D’Apice. Tutto questo saranno le indagini e l’autopsia a stabilirlo: sarà in sede di esame autoptico che si potrà individuare la traiettoria del proiettile, che è stato sparato da distanza ravvicinata, e il tipo di arma; sul posto sono stati ritrovati dieci bossoli calibro 7,65 e una cartuccia inesplosa.

E si potrà dunque capire cosa può essere successo: oggi si sa solo che Marco D’Apice si è accasciato, è stato trasportato in ospedale per una grave ferita alla bocca e poi è morto. Intanto resta l’immagine, amara, di una morte così assurda. E così, la scena si ripete. Era la notte del 31 dicembre 2007 quando Giuseppe Veropalumbo, 30 anni, papà di un bimbo di un anno, fu ucciso da un colpo di arma da fuoco. Era nel suo appartamento, al nono piano di un edificio di via Vittorio Emanuele di Torre Annunziata (Napoli), quando fu colpito: a morte.

La ‘colpa’ di Nicola Sarpa, 25 anni, la notte del Capodanno 2008, fu invece quella di essersi affacciato al balcone della sua abitazione, al secondo piano di vico Lungo Trinità degli Spagnoli, nel cuore di Napoli. Fu lì che fu colpito da un proiettile vagante: e dire che non voleva neanche assistere allo ‘spettacolo’ dei fuochi d’artificio; stava solo avvertendo il fratellino di giocare nell’androne del palazzo e non in strada, per metterlo a riparo dai pericoli. Scherzo del destino. Ed ancora. Anche Carmine Cannillo, 39 anni, era sul balcone di casa, a Crispano, in provincia di Napoli, mentre si festeggiava il Capodanno 2010.

E pure a lui, manovale, sposato, papà di due ragazzi, un proiettile vagante non ha dato scampo. Storie di ordinario destino amaro, dunque. Che anche oggi sono piombate in una casa, come quella di via Nicola Nicolini 68, a Napoli, dove l’aria di festa è rimasta ferma. Nella villetta al numero 8 di un parco che conta oltre 600 famiglie, D’Apice, separato, viveva con i suoi genitori. Una casa con il Babbo Natale appeso davanti all’uscio, l’albero addobbato, oggi spento. Alessandro, fratello di Marco, ieri sera non era con lui. Parla a stento: “é stato un incidente”, dice. Poi il silenzio, che in pochi, oggi, a Napoli come a Casandrino, hanno avuto voglia di interrompere. E, quei pochi, lo hanno fatto ripetendo le stesse parole.

“Era una persona speciale – racconta Anna, vicina di casa – è cresciuto con i miei figli, ha lavorato per una vita intera. Aiutava tutti, sorrideva a tutti. Ha fatto il venditore ambulante, quando era ragazzino. Poi, il ristorante”. Il ristorante, già. Due mesi fa ne aveva trasferito la sede. “Era sempre pieno, del resto Marco era una bravissima persona”, dice Giuseppe Romano, titolare di un bar poco distante da Villa Alexus. Una vita, quella di Marco, che ora resta racchiusa nelle sue foto di Facebook. E’ con il suo figlioletto, poco più di dieci anni: in un campo di calcio, a Lourdes. Sorride, sempre. Da oggi, solo lì.

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