Siamo alle solite. Deposte le armi durante la campagna elettorale per le regionali, le diverse anime del Pd casertano hanno di nuovo sguainato le sciabole. La tregua forzata non poteva reggere. Anzi è strano che le ostilità non siano riprese già all’indomani del voto. Probabilmente c’è voluto del tempo per metabolizzare il responso delle urne. Poi per giorni l’attenzione si è spostata sulle gravi vicende giudiziarie che hanno coinvolto anche importanti esponenti dem. Ora però non è più possibile tenere la polvere nascosta sotto il tappeto. A riaccendere la micca delle polemiche ci hanno pensato ben quattro componenti: Rifare l’Italia, Laboratorio Democratico, Area Riformista e l’area renziana Picierno-Oliviero, che sarebbe più corretto e aderente alla realtà definire solamente area Oliviero, visto che la deputata europea conta come il due di coppe a briscola. Le quattro correnti dei democrat casertani hanno sottoscritto un documento per chiedere “nei tempi più brevi possibile, della Direzione Provinciale, dopo oltre tre mesi dalla sua elezione, per discutere la situazione generale, delineare la linea politica e dunque determinare il futuro stesso del PD in provincia di Caserta”. La richiesta dei dissidenti è uno schiaffo al segretario facente finzione Raffaele Vitale. Che come al solito non si sta dimostrando all’altezza di governare un partito complesso e in perenne fibrillazione. Nei giorni scorsi, tra un week end in montagna e l’altro al mare, al sindaco di Parete è venuta la brillante idea di chiudere in fretta e furia, magari per andarsene in ferie senza pensieri, la pratica della nuova segreteria provinciale, azzerata da mesi in seguito alla guerra scoppiata dopo il caso Asi. Sfidando il caldo africano Vitale ha sudato sette camicie e ha avviato un giro di consultazioni perlopiù telefoniche. “Dai, non perdiamo altro tempo, facciamo subito una segreteria unitaria con tutti dentro”, questo il tenore delle chiamate effettuate a qualche esponente dei ribelli. Per la serie “chi ha avut’ ha avut’, chi ha dat’ ha dat’ scurdammoce o’ passat’…”. E giusto per peggiorare la situazione ha praticato un azzardato e grottesco gioco delle tre carte. Parlava con Tizio dicendo che Caio era d’accordo a “fare pace”. Poi diceva a Sempronio il contrario di quello che aveva detto a Tullio. Insomma, ancora una volta Vitale ha fatto e detto tutto e il contrario di tutto. Una strategia suicida. Che ha spinto i ribelli a fare un repentino dietrofront dopo l’apertura di credito concessa al segretario facente finzione. Rifare l’Italia, Laboratorio Democratico, Area Riformista e il gruppo Oliviero avevano accettato di sedersi al tavolo con Vitale a patto che venissero affrontati tutti i nodi politici alla base dello strappo che portò alla mozione di sfiducia. A nessuno dei dissidenti è mai passata per l’anticamera del cervello l’idea di cancellare le divisioni interne con un tratto di penna, senza prima una disamina a 360 gradi su quello che è avvenuto negli ultimi mesi e su quello che dovrebbe diventare il “nuovo” Pd. E’ evidente – hanno pensato i ribelli – che Vitale è ancora un burattino nelle mani dei gruppi Graziano-Stellato, vuole una pace finta, solo di facciata.
“Consideriamo – si legge nel documento di Rifare l’Italia, Laboratorio Democratico, Area Riformista e gruppo Oliviero – quest’appuntamento (la convocazione della direzione provinciale, ndr) ineludibile e propedeutico a qualsiasi atto di riorganizzazione e di definizione di assetti del Partito che, viceversa assumerebbero il solo vuoto significato di spartizioni interne”. In altre parole, non si può far finta che non sia successo nulla. Così come non si può passare oltre a questioni come l’Asi e la gestione del partito in campagna elettorale. Solo dopo aver analizzato, ammesso e rimediato (dove possibile) agli errori del passato si può guardare al futuro dando vita alla nuova segreteria. Questa in estrema sintesi la posizione dei firmatari del documento. E qui c’è da segnalare un altro aspetto politico che riguarda la geografia interna dei dem casertani. Il fronte dei ribelli non è più compatto come era apparso in passato almeno per un periodo. In calce al documento mancano le firme di Nicola Caputo e Enzo Cappello. Come mai? Non condividono la linea tracciata dagli ormai ex compagni di viaggio? No. Semplicemente non sono stati neanche consultati. I rappresentanti di Rifare l’Italia, Laboratorio Democratico, Area Riformista e gruppo Oliviero hanno tagliato i ponti con l’europarlamentare e il presidente provinciale del partito. Con Caputo il dialogo potrebbe riprendere, a patto che il deputato europeo si accodi rinunciando al “protagonismo politico” e al ruolo di “dominus” della minoranza. Scenario poco probabile. Peraltro Rosaria Capacchione sembra tutt’altro che propensa a stare nel “gruppone” anche con l’europarlamentare dopo le inchieste giudiziarie che hanno colpito suoi fedelissimi (Dionigi Magliulo) e coinvolto lui stesso. Discorso definitivamente chiuso con Cappello, “reo” (a detta dei ribelli) di aver sostenuto Graziano alle regionali: “Non può stare sempre con due piedi in una scarpa”. Per il sindaco di Piedimonte Matese una bocciatura senza appello. Al netto delle diverse motivazioni politiche resta il dato inequivocabile della spaccatura nel fronte dei dissidenti. Che potrebbe indebolire la loro posizione nei confronti di Vitale e dei suoi supporter. Pd frammentato, insomma. E in guerra. Tanto per (non) cambiare.
Mario De Michele