Orologi, abiti firmati e altri oggetti di lusso acquistati senza Iva e poi rivenduti in Italia, in nero, o spediti all’estero. Un sistema collaudato, andato avanti almeno due anni, secondo i riscontri investigativi della Guardia di finanza di Rimini, costato la denuncia a 17 persone, italiane fra cui due funzionari dell’Agenzia delle dogane che sarebbero stati corrotti e due appartenenti al clan camorrista dei Casalesi e russe, che sfruttavano il regime di ‘tax free’.
In sostanza, il ‘tax free’ consente di acquistare oggetti senza Iva (in questo caso al 22%) a cittadini residenti fuori dalla Comunità Europea. Per farlo si deve però dimostrare che il bene esca dall’Italia con la persona che l’ha acquistato. Ed è a questo punto che entravano in gioco i due funzionari dell’Agenzia delle dogane in servizio all’aeroporto Federico Fellini, che apponevano il timbro per dimostrare che il bene era effettivamente uscito. In realtà, orologi e altri oggetti di lusso rimanevano in Italia e seguivano due rotte: una parte era rivenduta in nero (il guadagno derivava dal fatto che erano appunto acquistati a un minor prezzo, senza Iva) e una parte veniva trasportata all’estero, soprattutto in Russia, attraverso uno spedizioniere, anche lui tra gli indagati, violando fra l’altro il pagamento dei dazi doganali. Lo sviluppo dell’attività investigativa ha permesso poi di accertare estorsioni commesse nei confronti di un altro spedizioniere doganale tra Rimini e San Marino ed episodi di ricettazione di documenti con timbri di dogane estere contraffatti e di violenza privata. In particolare, due uomini di origine campana, ritenuti affiliati al clan dei Casalesi, avrebbero minacciato di morte un professionista riminese perché faceva troppe domande sul sistema ‘tax free’. Il collegamento era un’altra indagata, una donna russa ex compagna di uno dei due campani, in Italia come ‘shop assistant’ per i connazionali e che, secondo la Procura, sarebbe stata a conoscenza del sistema per eludere l’Iva e trarre profitto dalle successive vendite dei beni di lusso. Tra gli indagati c’è anche un avvocato di Rimini, anche lui legato sentimentalmente ad una russa, che secondo la Gdf avrebbe confidato agli indagati che i loro telefoni erano sotto controllo.