Al centro dell’inchiesta «Doma», che due giorni fa ha portato all’arresto di 39 persone e all’emissione di 5 divieti di dimora oltre che al sequestro di beni per dieci milioni di euro, ci sono le dichiarazioni di Nicola Panaro. Il gruppo colpito dal blitz della Dia è quello dei Russo, originario di Casal di Principe, ma operativo a Gricignano e ad Aversa, in principio, per poi estendere il proprio predominio con l’imposizione delle slot machine in tutto l’Agro aversano e in altre regioni d’Italia. Le parole messe a verbale dal pentito, ex boss di primo piano dei Casalesi, sono da brividi. Parlando di fatti che risalgono agli anni ’90 svela che “il Comune di Casal di Principe era talmente gestito dal clan che abbiamo potuto controllare gli appalti anche nel momento in cui il municipio era commissariato e dopo che è diventato sindaco Renato Natale (inizio anni Novanta, ndr), avversario del clan, come è noto”. Secondo Panaro né la gestione prefettizia del Comune, né un sindaco anticamorra riuscirono a fermare l’influenza dei Casalesi nel controllo degli appalti pubblici. “I funzionari amministrativi del comune di Casal di Principe collusi con il nostro clan, tra cui Vincenzo Schiavone, detto Cenzino ‘o comunale, e Giacomo Letizia erano “persone a disposizione del clan” da sempre, ed i rapporti con loro, dopo la cattura di Francesco Schiavone Sandokan, sono stati gestiti nel tempo da Giuseppe Russo e poi da Corrado Russo, prima che subentrassimo nuovamente, insieme a loro, noi Schiavone, in particolare oltre a me, Nicola. Invece per quanto riguarda Nicola Di Caterino, costui era diretta espressione dei Russo, che lo avevano messo là per tenere in mano l’ufficio tecnico comunale”.