Per dirla con Marx la storia si ripete sempre due volte: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa. Nel caso del Pd casertano invece la storia è sempre la stessa: tragicomica. È di fatto fallito il secondo tentativo di mettere assieme Vitale & company e i caputiani. Il primo matrimonio, rato ma non consumato, fu celebrato nei mesi antecedenti alle regionali. E dopo il divorzio lampo nessuno, noi compresi, avrebbe immaginato un ritorno di fiamma. Tra luglio e agosto è scoppiato di nuovo l’amore. Sembrava proprio la volta buona. C’era l’intesa politica per costituire una maggioranza più ampia a sostegno del segretario provinciale. Si era parlato di contenuti e, ovviamente, di poltrone. E quasi tutti gli angoli erano stati smussati. C’erano da definire solo i dettagli. Ma quando si è giunti al dunque l’innamoramento ha lasciato spazio ai vecchi attriti. Sono emersi i primi distinguo. Poi le divergenze. E infine la contrapposizione. Dopo aver annunciato a mari e monti la fase 2 del partito, Vitale è rimasto impigliato nella rete del ragno di una serie infinita di inutili incontri. Mentre lui perdeva tempo prezioso affioravano dubbi e visioni diverse sia tra i suoi supporter (Graziano-Stellato-Marino) sia tra i caputiani. Da una segreteria snella, con massimo otto membri, si è passati a ragionare su un organismo mastodontico con 15-17 persone. Un’ammucchiata ridicola. Le richieste di posti sono cresciute a dismisura. E qualcuno è arrivato anche a immaginare una squadra a 20. In tal caso anche Cip e Cop, il gatto e la volpe, e Biancaneve e i sette nani, avrebbero avuto molte chance di entrare in segreteria. Pur di chiudere l’accordo, e finalmente sottrarsi al fuoco di fila degli ultimi mesi, Vitale ha aperto anche all’ingresso di Minnie e Topolino. Qualche timida perplessità l’ha espressa su Joker, ritenuto meno affidabile. Stordito dal turbinio di nomi, il sindaco di Parete non si è reso conto di camminare su un filo sottilissimo a 50 metri di altezza. E tanto per non cambiare ha messo il piede in fallo. Ora si trova al punto di partenza. Peppe Roseto non è più disponibile a rinegoziare la proposta dei caputiani: tutte le componenti dem devono far parte della segreteria con i posti assegnati in base ai delegati in direzione (una casella ogni 10 delegati). Dunque, un organismo di 8 persone e omnicomprensivo. Non solo. L’unità va ricercata in direzione dove ognuno deve pronunciarsi sui contenuti (amministrative in primis) e sul nuovo assetto del partito. Non a caso Roseto sta già da un po’ dialogando con tutte le altre anime democrat. Ieri ha incontrato il consigliere regionale Gennaro Oliviero. Nel D-Day dell’ultima direzione ha discusso con tutti i dissidenti su eventuali soluzioni alternative, inclusa la decapitazione di Vitale. I caputiani però non sono disponibili a sottoscrivere un’altra mozione di sfiducia contro il segretario. Chiedono che i dissidenti escano allo scoperto in direzione. Li vogliono stanare per capire quali sono i possibili punti di contatto e quelli di scontro. Ora la palla è nel campo dei gruppi Graziano-Stellato-Marino. Difficilmente convergeranno sulle posizioni del gruppo capitanato dall’eurodeputato Nicola Caputo. E già sono pronti a un’altra conta in direzione. A quanto pare Marco Villano è stato categorico con Roseto: in direzione abbiamo la maggioranza e se voi vi sfilate noi andiamo avanti comunque. Se il Forlani del Pd ha smesso i panni del mediatore, allora vuol dire che anche stavolta il matrimonio tra vitaliani e caputiani resterà sulla carta. Rato ma non consumato.
Mario De Michele