E’ possibile che ci sia stato uno scambio a seguito di una sorta di trattativa che riguarda il ritrovamento del boss dei Casalesi Michele Zagaria, catturato il 7 dicembre 2011 dopo una lunghissima latitanza, e la scomparsa della ormai famosa pendrive (contenente presumibilmente la memoria informatica dell’organizzazione) dal covo in cui fu ritrovato. A parlare di questo scenario, davanti alla Commissione parlamentare Antimafia, è stato Antonio Ardituro, componente del Consiglio Superiore della Magistratura e magistrato del pool anticamorra. Ardituro ha oggi rivelato un altro particolare inedito: Michele Zargaria, nello spostamento dal carcere di Napoli a quello in cui poi sconterà il 41 bis a Novara nel 2011, arrivò con quasi 1200 euro addosso in contanti “una cifra spropositata per un detenuto e che comunque qualcuno gli aveva consentito di tenere”, ha detto il magistrato. “I fatti che sono emersi – ha detto Ardituro, riferendosi ai momenti della cattura del boss e al giallo della chiavetta usb – si possono ascrivere a due ipotesi: o si tratta di un fatto corruttivo singolo, da parte di un singolo poliziotto, ipotesi difficile per l’ organizzazione dello scambio in quel contesto ma plausibile. La seconda ipotesi è che questo scambio sia avvenuto in un contesto più ampio di buoni rapporti tra chi lo ha catturato e il latitante, in un contesto di abboccamenti, da collegare anche ad una serie di arresti che avevano colpito il clan, con la cattura di Iovine e Schiavone e quindi che avevano fatto capire a Zagaria che lo Stato stava prendendo la strada giusta”. “Ritengo questa una ipotesi con contorni ancora non nitidi ma è l’ipotesi investigativa su cui ho lavorato”, ha spiegato Ardituro. “Mi sembrerebbe che dalla sua ricostruzione lei propenda più per la seconda ipotesi che per la prima: insomma, se c’è stato uno scambio, questo è avvenuto a conclusione di una sorta di trattativa che è iniziata precedentemente”, ha osservato la presidente della Commissione Antimafia, Rosy Bindi, prima di porre al magistrato una serie di domande. Il deputato del Pd Massimiliano Manfredi, ricollegandosi a quanto detto da Ardituro a proposito della somma trovata indosso a Zagaria al momento del trasferimento di carcere, ha osservato come sia “ipotizzabile che la somma all’arresto di Zagaria potesse essere maggiore: dalle audizioni fatte non era mai emerso questo dato”. “Se l’ipotesi è vera, i referenti di questa trattativa già dovevano sapere quando e dove doveva avvenire la cattura. Questo comporta una corresponsabilità più in alto: e questo mi lascia perplesso”, ha osservato il deputato Pd Salvatore Piccolo. Ardituro nel corso dell’audizione ha anche fatto riferimento ad una serie di imprenditori vicini al clan di Zagaria che hanno costruito una iniziativa antiracket per “ripulirsi” e avere la possibilità di continuare a lavorare con le pubbliche amministrazioni sfuggendo alle interdittive antimafia.