Un accordo stipulato tra tre famiglie del clan dei Casalesi che si sono consorziate dopo l’arresto dei boss, per gestire in armonia gli affari illeciti e in particolare dividere equamente i proventi di estorsioni e tangenti sugli appalti. E’ quanto emerso dalle indagini dei carabinieri del Ros coordinate dalla Dda di Napoli, con il procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli e il pm Catello Maresca che ha portato all’esecuzione oggi di 19 ordinanze di custodia. Il nuovo sodalizio – come ha spiegato il procuratore Giovanni Colangelo – aveva costituito una sorta di joint venture per ripartire i proventi e assicurare il mantenimento dei boss detenuti. L’alleanza ha riguardato il vecchio gruppo Schiavone e le famiglie di Sessa Aurunca e Mondragone che un tempo ricoprivano ruoli di secondo piano. L’accordo, come ha sottolineato Colangelo, è servito “per evitare un vuoto di potere che avrebbe potuto provocare una conflittualità”. L’intesa tra i gruppi Venosa, Zagaria, Iovine e Bidognetti prevedeva una gestione unitaria delle casse del clan. I particolari sono stati illustrati nel corso di una conferenza stampa alla quale hanno partecipato i vertici del Ros: il generale Giuseppe Giovenale, il vice comandante colonnello Roberto Pugnetti e il colonnello Giovanni Fabi del Ros di Napoli. Dalle indagini è emersa anche l’intimidazione ai danni di un affiliato, Massimo Alfiero, al quale un parente “sequestrò i due figli per impedire che collaborasse con la giustizia”. Una intimidazione che ottenne il risultato sperato: Alfiero, infatti, decise di non collaborare più e i bambini furono restituiti alla moglie.