Ancora bufera per i cinque licenziati Fiat il giorno dell’udienza contro il colosso industriale. Si è tenuta questa mattina, infatti, la prima udienza del processo d’appello che vede coinvolti cinque operai delle Fiat di Pomigliano d’Arco, licenziati con l’accusa di danneggiamento dell’immagine del grande marchio. “Siamo stati buttati in mezzo ad una strada dopo aver inscenato il finto suicidio di Marchionne, con un manichino di carta, ai cancelli dello stabilimento di Pomigliano. Lo abbiamo fatto per denunciare i suicidi di fabbrica, ormai numerosi dopo la cassa integrazione a zero ore e dopo l’aumento dei ritmi di lavoro voluti dal Piano Marchionne. Questi ci stanno massacrando, per questo molti si ammazzano.” A parlare è Mimmo Mignano, uno dei cinque licenziati che questa mattina doveva comparire alle ore 9,30 al tribunale di Nola. L’operaio, tuttavia, fermato per accertamenti su assicurazione e patente auto, è stato trattenuto per più di un’ora dalla Polizia Municipale e in tribunale non c’è mai arrivato. Al momento del fermo Mignano era sprovvisto di assicurazione – “ Ho consegnato tutti i miei documenti e, dopo oltre un quarto d’ora – dice Mignano – ho provato a spiegare che dovevo raggiungere il tribunale per la causa ma niente da fare. Non ho l’assicurazione perché non posso permettermela e stamattina non avevo altro modo per raggiungere il tribunale. Ho sbagliato, è vero, ma non capisco per quale motivo sono stato trattenuto per oltre un ‘ora. Per fortuna, o purtroppo, l’udienza è stata rimandata ma è stato solo un caso. Di fatto, questa mattina, è stata impedita senza giustificazione alcuna la mia presenza al processo. Ci vogliono dieci minuti per registrare i documenti ed eventualmente fare un fermo amministrativo ma, evidentemente, non per me. Tra l’altro , ero in macchina con un amico e con la scusa della multa la polizia ha minacciato di identificare anche lui. ” Effettivamente “anomalo”  l’operato della Polizia Municipale e dei Carabinieri accorsi sul posto, i quali hanno identificato anche noi giornalisti pur essendo nel pieno esercizio del diritto di cronaca. In seguito alla nostra identificazione abbiamo chiesto più volte spiegazioni in merito ad un atteggiamento così intimidatorio nei confronti della stampa, oltre che lesivo di un pubblico servizio, ma nessuno degli ufficiali presenti ha voluto rilasciare dichiarazioni. “Ero già al tribunale quando mi è arrivata la telefonata di Mimmo Mignano – ci dice Marco Cusano, un altro dei cinque operai coinvolti nel processo – Mi ha detto che la Municipale gli stava trattenendo i documenti e che quindi non poteva presentarsi in tribunale fino a quando non glieli avessero restituiti. Questa mattina c’era la causa della nostra vita – continua Cusano – sono due anni che ne aspettiamo l’esito per riprendere a lavorare e tutto avrei pensato tranne che, per un sequestro di un auto, ad uno di noi fosse impedito di raggiungere il tribunale.

Luca Leva

Giulia Ambrosio

 

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