In Italia solo una persona con diabete su 10 ha accesso alle incretine, farmaci innovativi più pratici e con meno effetti collaterali rispetto a quelli tradizionali. A dirlo l’ultimo rapporto dell’Osservatorio Arno Diabete. Numeri che “vedono il nostro Paese in ritardo”, secondo gli esperti. “Diversamente da quanto accade nella maggior parte dei paesi europei denuncia Andrea Giaccari, professore di Endocrinologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma da noi vengono ancora prescritti con molta difficoltà”.
La terapia del diabete di tipo 2, in questi anni è passata da “un cocktail di farmaci quasi sciamanico, con effetti collaterali spesso sottovalutati, alle incretine”, ovvero la classe di inibitori dell’enzima DPP4, come sitagliptin, i cui primi studi realizzati da Msd risalgono a ben 20 anni fa, “molto più semplici e pratici da gestire”. A fare la differenza rispetto a farmaci tradizionali, è il fatto che le incretine sono più tollerabili ed evitano il rischio di ipoglicemia, i temuti ‘cali di zuccheri’. Inoltre la terapia non va modificata al cambiare di alimentazione e stili di vita. Ancora pochi però i diabetici che le utilizzano. “Per poterle prescrivere chiarisce Giaccari sono necessari passaggi burocratici e ulteriori analisi che allungano i tempi e spingono molti medici a optare per i vecchi farmaci”, poco costosi, facili da prescrivere ma pericolosi. Quindi, “non la mancanza di sicurezza o efficacia, ma vincoli amministrativi ne impediscono la diffusione”. La prescrizione va infatti ‘giustificata’ da un piano terapeutico lungo e complesso da compilare. Ma i risparmi di tempo non si traducono in benefici per la salute. “Il diabete aggiunge Giaccari è una malattia cronica, ovvero implica cure che durano anni. Per questo dovrebbero essere le più semplici e tollerabili possibile”. Questo comporterebbe, a medio termine risparmi di spesa, conclude l’esperto, “perché il paziente curato con farmaci che causano meno effetti collaterali tende a rispettare la terapia e va incontro a meno complicanze e ricoveri”. Con effetti positivi sulla sua salute così come sulla spesa pubblica.