Confermata la condanna a tre anni di reclusione nei confronti dell’ex direttore dell’Avanti Valter Lavitola riconosciuto responsabile di tentativo di estorsione ai danni di Impregilo in relazione ad appalti a Panama. La sentenza è stata emessa dalla seconda sezione della Corte di Appello di Napoli presieduta da Patrizia Mirra. La presunta estorsione si riferisce al tentativo di indurre Impregilo a costruire un ospedale pediatrico a Panama, un progetto che stava molto a cuore all’allora presidente del paese centramericano Ricardo Martinelli. La minaccia sarebbe consistita nel fatto che, in caso contrario, sarebbe stata diffusa una dichiarazione pubblica di tenore negativo da parte dello stesso Martinelli che avrebbe fatto crollare la quotazione in Borsa. Lavitola ha trascorso parte della sua latitanza a Panama e in altri paesi dell’America Latina ed era in rapporti sia con il presidente sia con altri esponenti del governo panamense. Il giornalista e imprenditore, difeso dagli avvocati Sergio Cola e Alessandro Paniz, ha sempre escluso di aver esercitato pressioni o rivolto minacce. Nella vicenda avrebbe avuto un ruolo anche l’ex premier Silvio Berlusconi che, sollecitato da Lavitola, si mise in contatto con Massimo Ponzellini, ex amministratore di Impregilo, rappresentandogli conseguenze negative per l’azienda se non fosse stato mantenuto l’impegno per la realizzazione dell’ospedale. ”Una sentenza profondamente iniqua”. Così l’avvocato Sergio Cola, che con l’avvocato Alessandro Paniz difende Valter Lavitola, commenta la decisione della Corte di Appello di Napoli . ”La sentenza – spiega Cola – è iniqua in primo luogo sotto il profilo sostanziale: Lavitola non ha agito per motivi personali ma per tutelare gli interessi del governo italiano di cui era rappresentante ufficiale. Inoltre dal processo emerge che il presidente Martinelli non ha fatto alcuna minaccia per la mancata realizzazione dell’ospedale. Si è solo arrabbiato molto perché Impregilo non aveva mantenuto la promessa e ciò lo aveva esposto ad attacchi da parte dei media locali”. Per l’avvocato Cola, che ha annunciato ricorso in Cassazione, la sentenza è sbagliata anche per quanto riguarda aspetti procedurali. ”Ci sono ostacoli – ha detto – che non sappiamo come si farà a superare, come la questione della competenza territoriale. L’incompetenza del Tribunale di Napoli è infatti pacifica, se si considera che la chiave del processo è rappresentata dalla telefonata tra Berlusconi e Ponzellini, che si svolse a Milano. Il Tribunale non ha evidentemente letto gli atti delle indagini preliminari. L’ultimo punto è costituito dai decreti autorizzativi delle intercettazioni. Un’altra delle telefonate al centro del processo è infatti avvenuta tra il Brasile, dove si trovava Lavitola, e un altro paese sudamericano, su due utenze telefoniche sudamericane. Sarebbe stata necessaria una rogatoria internazionale che non è stata fatta: l’intercettazione è dunque illegittima e inutilizzabile”.