Un pestaggio in pubblico che voleva rappresentare una ostentazione di potere da parte del clan, tale da persuadere gli elettori che erano solo loro, i camorristi, in grado di sovvertire, come in realtà avvenne, l’esito del primo turno e far vincere un candidato al ballottaggio. Una manifestazione di forza che invece di allontanare i cittadini elettori si sarebbe trasformata in una formidabile azione propagandistica grazie al potere intimidatorio e attrattivo della violenza. E’ quanto racconta l’inchiesta su un intreccio di malapolitica e infiltrazioni mafiose a Casavatore, comune dell’hinterland settentrionale di Napoli segnato negli anni scorsi da numerosi omicidi attribuiti alla faida di Scampia, che è sfociata oggi nella emissione da parte della Dda di Napoli di 15 avvisi di conclusione delle indagini preliminari per voto di scambio aggravato dal metodo mafioso. E’ il primo importante step di una indagine dei carabinieri che ha monitorato l’intera campagna per le amministrative dello scorso anno portando alla luce, secondo la ricostruzione degli inquirenti, il ruolo centrale della cosca dei Ferone (‘sottogruppo’ del clan Amato-Pagano, uno dei protagonisti della faida), i cui esponenti avrebbero avuto contatti e fornito appoggi sia al sindaco uscente e poi confermato, Lorenza Orefice (eletta in una lista civica), sia allo sfidante Salvatore Silvestri, a capo della lista ”Pd Silvestri Sindaco”. Episodio chiave è quello avvenuto il 13 giugno 2015, quando Massimo Minichini – ritenuto appartenente al clan Ferone – che stazionava davanti alla sede del comitato elettorale del Pd, dove svolgeva attività di sostegno a Silvestri e a suo fratello, Ciro Minichini, candidato al consiglio comunale nella stessa lista, fu aggredito da tre camorristi. Un agguato in piena regola. I pm della Dda di Napoli Vincenza Marra e Maurizio De Marco, affermano che si trattò di ”una dimostrazione di forza della cordata facente capo a Lorenza Orefice” che si contrapponeva a quella di Silvestri (”che si era avvalsa fino a quel momento con esito positivo ai fini della propaganda elettorale dello stesso Massimo Minichini, sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale, quale appartenente al clan Ferone”). ”In tal modo – scrivono i pm – ottenendo il risultato sperato, infatti all’esito del ballottaggio venivano sovvertiti i risultati del primo turno: Orefice risultò vincente con una percentuale del 56,16 per cento mentre la lista Silvestri otteneva il 43,84”. Sono innumerevoli i presunti illeciti scoperti dai carabinieri e confluiti nell’inchiesta della procura di Napoli: si va dalle promesse di soldi e posti di lavoro agli elettori – vicenda nella quale è indagato Silvestri, insieme con un consigliere uscente e due candidati – al coinvolgimento di Antonio Piricelli e Vincenzo Orefice, rispettivamente comandante e maresciallo della polizia municipale di Casavatore che avrebbero fatto propaganda a favore dello schieramento di Silvestri, si sarebbero attivati per evitare che i manifesti dei candidati venissero strappati ”modificando in modo evidente e riconoscibile dalla cittadinanza l’orientamento delle telecamere di videosorveglianza comunale”, e avrebbero omesso di denunciare minacce e irregolarità segnalate dalla Orefice. Fino alla campagna elettorale svolta in prima persona da appartenenti al clan Ferone. Tra i capi di accusa, le pressioni esercitate da quattro camorristi tra gli abitanti del quartiere Parco Acacie per far votare a favore della Orefice e dei candidati della lista civica ”Un’altra Casavatore”, compreso il suocero del boss.