«Una Chiesa di servizio; una Chiesa serva dell’umanità; una Chiesa serva delle attese e delle speranze della gente; una Chiesa del grembiule, unico indumento del Vangelo». È la Chiesa invocata dal vescovo Antonio Di Donna, e simboleggiata dalla tradizionale «Lavanda dei piedi» che egli stesso ha fatto in Cattedrale ieri sera a 12 fratelli della Comunità di Acerra durante la Messa della Cena del Signore che ha aperto il solenne Triduo della Pasqua. Non a caso, ogni fratello a cui il vescovo ha lavato i piedi «ha una sua particolare storia»: c’è Filippo Castaldo, presidente dell’Associazione di agricoltori Ari.Amo, a simboleggiare l’agricoltura danneggiata dalla campagna mediatica sulla terra dei fuochi; c’è Gaetano Altobelli, a dare voce ai tanti che vivono la precarietà del lavoro; c’è il papà di un giovane morto per l’inquinamento ambientale; c’è il papà immigrato; ci sono i disabili della Cooperativa Arcobaleno, insieme a quelli che li «servono»; c’è un nonno, a simboleggiare la «preziosità» di tutti i nonni per le giovani coppie che soffrono la crisi economica; ci sono i giovani del Servizio Civile. Ma Di Donna ricorda che non basta un gesto simbolico: «Questa Lavanda – ammonisce il presule – dovrebbe estendersi ininterrotta a ciascuno in questa Cattedrale; e poi a casa, tra genitori e figli; e ancora, nella società, nelle istituzioni. Il servizio e non le scarpe gli uni gli altri», esorta Di Donna, per il quale «dobbiamo decidere a chi vogliamo appartenere: al servizio o al potere; al dono o al possesso; all’amore o all’egoismo», consapevoli che «il potere dell’amore e del dono rimane per sempre, e alla fine della storia avrà l’ultima parola sul potere del male e dell’egoismo». E infine, due raccomandazioni: «Non abbandonate mai la Messa, per non perdere la fede»; e soprattutto, «vivetela bene e con coerenza, mettendo in pratica ogni giorno la legge dell’Amore», che trova sostegno sicuro in quel «per voi» pronunciato da Gesù «la sera in cui veniva tradito» e che introduce al «Triduo in cui celebriamo il mistero della morte, sepoltura e Resurrezione di Cristo». Di fronte a tanto amore, al «gesto che racchiude tutto il significato della vita e morte di Gesù», noi «chiediamo perdono» aveva detto il vescovo all’inizio della Messa. Di Chiesa misericordiosa al servizio della gente, Di Donna aveva parlato in Cattedrale la mattina, durante «la Messa Crismale, la più grande celebrazione dell’unità della Chiesa locale, della nostra Chiesa di Acerra». Davanti all’«assemblea santa, la stirpe sacerdotale, il popolo di Dio della diocesi di Acerra nei suoi carismi e ministeri», formato da «vescovo, sacerdoti, diaconi, religiosi e religiose, e tutti i laici battezzati», il vescovo ha ricordato l’Anno della Misericordia in corso, invitando tutti a mettere in pratica il motto del Giubileo: Siate misericordiosi come il Padre, perché, ha detto Di Donna, «la misericordia è il messaggio più forte del Signore», soprattutto nel nostro tempo, in cui vive «un’umanità ferita che cerca di guarire». Per questo, la Chiesa è come un «ospedale da campo», secondo la felice immagine di Papa Francesco, una «buona samaritana che si china sull’uomo ferito per guarire le sue debolezze». Di Donna ha tradotto l’invito alla Misericordia «nella relazione interna ed esterna della nostra Chiesa di Acerra: tra vescovo e sacerdoti, che oggi rinnovano le promesse assunte nel giorno della loro ordinazione; tra presbiteri; tra sacerdoti e popolo; tra tutti i battezzati».