“Una persona assolutamente incapace di governare la propria aggressività e i propri impulsi criminali”: così, il gip del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Nicoletta Campanaro, definisce Antonio Zampella, il giovane di 19 anni ritenuto responsabile della morte di Marco Mongillo, 20 anni, ucciso venerdì con un colpo di pistola alla testa mentre si trovava nell’abitazione del rione Santa Rosalia a Caserta del fratello di Zampella, Umberto (agli arresti domiciliari per una rapina a mano armata). Secondo il gip, l’indagato ha fornito una versione dei fatti “palesemente difensiva, a tratti inverosimile, finalizzata a ridimensionare le sue responsabilità e a ricondurre l’evento mortale nell’alveo di una condotta di tipo colposo”. Nell’interrogatorio di stamattina, durante l’udienza di convalida dell’arresto, il 19enne, difeso dai legali Mario Mangazzo e Michele Di Fraia, aveva spiegato che non voleva uccidere Marco: “Pensavo che la pistola fosse scarica, – ha spiegato al giudice – l’avevo provata per gioco contro di me e non aveva fatto fuoco, mentre quando l’ho puntata contro Marco ha sparato”. Secondo il giudice, “non appare logicamente sostenibile che l’indagato ignorasse la presenza dei proiettili all’interno del serbatoio, atteso che, per sua stessa ammissione, si trattava di un’arma nella sua piena ed esclusiva disponibilità, accuratamente custodita”. Zampella aveva spiegato di aver comprato la pistola alcuni mesi fa per difendersi da una possibile aggressione da parte di un soggetto per questioni legate a una ragazza; tale circostanza rende “del tutto inverosimile – scrive il Gip – che l’arma fosse stata acquistata senza verificare la presenza di munizioni”. Il Gip dà poi conto del ritrovamento nell’appartamento della tragedia di un proiettile inesploso, “circostanza che pare indicare – si legge nel provvedimento – come l’arma fosse già stata in precedenza caricata, senza successo, provocando l’espulsione di un proiettile”. Secondo il gip inoltre qualcuno Zampella, dopo il fatto, potrebbe aver ceduto la pistola a qualcuno perché la nascondesse; dalla Procura confermano che su tale aspetto ci sarebbero alcune persone indagate. Il Gip ammette poi di non credere al racconto fatto dall’indagato sul gioco con la pistola, provata prima su sé stesso e poi sull’amico con conseguenze fatali; tale racconto, dice il giudice, è smentito sia dal fratello di Antonio, Umberto, che dal fratello della vittima, Vincenzo; il Gip interviene infine sulla circostanza che i 4 avevano fumato degli spinelli prima del delitto. Tale fatto, per il giudice, non inficia l’elemento volontaristico, al massimo l’alterazione da stupefacente “ha allentato i freni inibitori agevolando l’azione omicida”.

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