Si terrà domani, nell’istituto di medicina legale di Caserta, l’autopsia sul corpo di Marco Mongillo, il giovane di 20 anni ammazzato con un colpo di pistola al capo in un’abitazione di rione Santa Rosalia a Caserta dall’amico Antonio Zampella, di 19 anni, in carcere con l’accusa di omicidio volontario, detenzione di arma clandestina e ricettazione. L’esame non dovrebbe portare novità sotto il profilo della causa del decesso, visto che un solo colpo, risultato fatale, è stato esploso; ma può chiarire la distanza da cui è stato sparato. Zampella ha detto di aver poggiato la canna dell’arma sulla fronte della vittima, dicendo per gioco “ti faccio vede come ti sparo”, una versione che per la difesa accredita la tesi della disgrazia. Tesi cui però ha dimostrato di non credere affatto il Gip del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere Nicoletta Campanaro, che nell’ordinanza emessa ieri in cui ha convalidato l’arresto e confermato il carcere per l’indagato, ha ipotizzato, pur senza indicare eventuali elementi già raccolti, che lo sparo potrebbe essere stata la conseguenza di un dissidio tra Zampella e Mongillo; il punto è che di un’eventuale lite gli inquirenti della Procura della Repubblica e i carabinieri non avrebbero trovato alcuna traccia. Gli altri ragazzi presenti in casa al momento della tragedia, i fratelli di Antonio e Marco, rispettivamente Umberto Zampella, che è ai domiciliari per rapina a mano armata, e Vincenzo Mongillo, non hanno mai parlato di liti o contrasti tra i due. E anche subito dopo il fatto, all’esterno dell’abitazione, amici e parenti del presunto assassino e della vittima parlavano di “un gioco” e di una “disgrazia”.