Un’ordinanza di custodia cautelare è stata notificata in carcere al capoclan dei Casalesi Francesco “Sandokan” Schiavone e sei tra killer e partecipanti all’omicidio del vigile urbano Antonio Diana, ucciso nel 1989 a San Cipriano d’Aversa. Il provvedimento è stato emesso al termine delle indagini dei Carabinieri del Nucleo Investigativo di Caserta, coordinati dai pm della Dda di Napoli Catello Maresca e Simona Rossi. L’accusa per il boss del clan casertano, detenuto da 20 anni, è di essere stato il mandante del delitto, consumato nell’ambito della guerra che alla fine degli anni ’80 contrapponeva il suo gruppo, controllato insieme a Francesco Bidognetti e Vincenzo De Falco, alla famiglia Bardellino. Insieme al 64 enne Francesco Schiavone erano già detenuti altri destinatari del provvedimento: i presunti killer del vigile, poi divenuti elementi di spicco del clan, Raffaele Diana, di 63 anni detto “Rafilotto” e Giuseppe Caterino di 62 anni, noto come “Peppinotto”. Già in carcere anche l’altro presunto sicario Francesco Mauriello, e i due affiliati, Pasquale Spierto e Antonio Basco, che secondo l’accusa si sarebbero occupati di far sparire le armi e il veicolo usato per l’agguato. Unico indagato libero il fiancheggiatore del clan Giovanni Diana, che questa mattina è stato prelevato nella sua abitazione di San Cipriano d’Aversa. L’uomo, 70enne, è stato poi posto ai domiciliari. Nella sua casa c’era anche un vecchio bunker, da anni non utilizzato, ma che in passato ha ospitato latitanti del clan. A consentire di fare luce sul delitto sono state le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Antonio Iovine, detto “o Ninno”, ex latitante e capoclan la cui carriera criminale iniziò proprio nel gruppo capeggiato da Sandokan e Bidognetti. Anche il primo pentito dei Casalesi, Carmine Schiavone, deceduto qualche anno fa, però, aveva parlato del delitto. Il vigile Diana fu ucciso l’11 febbrario del 1989, quando aveva 30 anni, come risposta al delitto di Michele Russo commesso dai killer dei Bardellino. Schiavone riteneva che Diana avesse agito da “specchiettista” nell’agguato al suo affiliato, così ordinò ai suoi uomini di agire. Raffaele Diana, Caterino e Mauriello, entrarono in azione nel primo pomeriggio, mentre il vigile era in servizio in piazza Municipio, piazza centrale di San Cipriano; si avvicinarono con un’auto e lo colpirono con pistole e fucili.