Non si può configurare il reato di corruzione in relazione all’esercizio del diritto di voto, perché in base all’articolo 68 della Costituzione un parlamentare nell’espletamento della sua funzione ”non deve dar conto e ragione, né essere chiamato a giustificare la liceità del proprio comportamento”. Lo ha sottolineato l’avvocato Franco Coppi nel corso della sua arringa al processo di appello per la vicenda della presunta compravendita dei senatori che vede imputato l’ex premier Silvio Berlusconi, accusato di aver pagato l’ex senatore Sergio De Gregorio perché cambiasse schieramento politico e votasse contro il governo Prodi (nei confronti di Berlusconi, condannato in primo grado,il pg nelle scorse udienze ha chiesto la prescrizione). Coppi, che con l’avvocato Bruno Larosa assiste Forza Italia, indicata come responsabile civile, ha affermato che ”non può essere sindacato il processo motivazionale che ha portato al voto”. ”Il parlamentare – ha detto il penalista – non può essere perseguito né essere chiamato a rispondere sul perché abbia votato in un certo modo”. Siamo quindi di fronte a un caso di ”improcedibilità dell’azione penale”. L’immunità riconosciuta ai parlamentari non può coprire ovviamente ogni tipo di comportamento ”ma qui siamo in presenza dell’esercizio di un diritto di voto”. E l’immunità copre sicuramente anche gli atti preparatori al voto, ha spiegato Coppi che ha messo l’accento anche sull’assenza del vincolo di mandato prevista dalla Costituzione, in base alla quale il parlamentare non è obbligato a seguire le indicazioni del partito. L’avvocato Larosa ha sostenuto che le dichiarazioni di accusa fatte da De Gregorio, prima ai pm e successivamente ribadite in tribunale, non sono da ritenere attendibili. La sentenza del processo di appello che si svolge davanti alla seconda sezione della Corte di Appello di Napoli, in cui è imputato anche l’ex direttore dell’Avanti Valter Lavitola, è prevista per il 2 febbraio prossimo.