“Nicola Cosentino va assolto perché il fatto non sussiste”. Così gli avvocati Stefano Montone e Agostino De Caro, legali dell’ex sottosegretario all’Economia e coordinatore campano del Pdl, imputato per “concorso esterno in associazione camorristica”, al termine dell’arringa difensiva durata due udienze e conclusasi oggi davanti al collegio C del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, presieduto da Giampaolo Guglielmo (a latere Pasquale D’Angelo e Rosaria Dello Stritto). “Come fare a giustificare una sentenza di condanna?” ha chiesto l’avvocato Montone rivolgendosi ai tre giudici: “i quintali di prove, di cui parla l’accusa, che cosa provano?”. “Non c’è prova dell’accordo politico-mafioso tra Cosentino e i Casalesi – ha proseguito – di quando e tra chi sia stato concluso, e non si sa fin quando sia durato. Né vi è prova dei favori che Cosentino avrebbe fatto al clan”. L’avvocato De Caro, riferendosi ad alcune tra le principali fonti di prova presentate dal pm della Dda di Napoli Alessandro Milita, le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, ha parlato di “fonti equivoche che si contraddicono, che non ricordano date di elezioni, che parlano di cose che hanno saputo non per conoscenza diretta, ma soprattutto dai boss”. “Dei capiclan di cui avevamo chiesto la deposizione, siamo riusciti a sentire solo Francesco “Cicciariello” Schiavone (cugino del boss omonimo noto come “Sandokan”), che però di Cosentino non ha parlato”. Il terzo legale del collegio di difesa di Cosentino, Erica Cantiello, si è concentrato sulle dichiarazioni fatte contro l’ex politico da circa 20 collaboratori di giustizia sentiti nei quasi 5 anni di processo. “Quasi tutti – ha detto l’avvocato Cantiello – hanno cominciato a parlare di Cosentino molti anni dopo aver iniziato a collaborare, e solo dopo l’emissione dell’ ordinanza in carcere a suo carico. Forse perché si trattava di un processo molto mediatico in seguito al quale poter ottenere sconti di pena o benefici carcerari”. Quanto al presunto intervento di Cosentino presso la prefettura di Caserta in relazione alla certificazione antimafia ottenuta dalla società di rifiuti “Eco4”, considerata creatura del clan Bidognetti, l’avvocato De Caro ha affermato che il comportamento di Cosentino, che ha sempre confermato di essersi interessato alla vicenda senza fare però alcuna pressione, fu “chiaro e non illecito”. Riguardo all’intervento di Cosentino presso la prefettura in relazione, invece, alla commissione d’accesso inviata presso il Comune di Mondragone, altra “spia” – secondo la Dda – del contributo fornito dall’imputato al clan, i legali parlano di un intervento solo politico. “E’ emerso dal dibattimento – ha detto De Caro – che da un lato della vicenda si interessò il centrodestra con Cosentino e Mario Landolfi (ex senatore di An e Pdl imputato in altra tranche dello stesso procedimento), che ovviamente non volevano lo scioglimento del Comune di Mondragone, dall’altro il centrosinistra, con l’ex senatore Lorenzo Diana, che ogni giorno si recava invece in prefettura per perorarne lo scioglimento. In quel periodo, (2004) la lotta politica si faceva anche con le Commissioni d’Accesso, ed erano tante infatti quelle inviate allora nel Casertano” ha concluso il legale. Il pm Milita si è riservato il diritto di replica per l’udienza del 17 novembre prossimo, quando dovrebbe arrivare anche la sentenza.

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