Numeri di carte di credito e codici bancari sottratti a ignari cittadini e venduti nel dark web, 16 paesi coinvolti in tutto il mondo, un bottino accumulato dai membri dell’organizzazione di oltre 530 milioni di dollari. E’ il bilancio di un’operazione condotta dalla Homeland security investigation (Hsi) statunitense e dalla Polizia di Stato che ha portato in totale all’arresto di 13 persone, una delle quali in Italia.
In manette è finito un uomo residente nella provincia di Napoli il cui nickname era ‘Dannylogort’: gli uomini della sezione financial cybercrime e del compartimento della Campania della polizia Postale, in collaborazione con l’Hsi, gli hanno notificato il mandato di cattura internazionale nel quale l’italiano è accusato di “aver fatto parte attivamente all’organizzazione criminale fin dal 2010”. Il presunto capo dell’organizzazione del traffico della carte di credito era invece un ucraino arrestato la scorsa settimana in Thailandia: amministrava il portale – con centinaia di utenti – che forniva qualsiasi tipo di ‘crime service’: possibilità di acquistare o vendere malware, tecniche di hacking, bootnet. E, ovviamente, codici di conti correnti bancari e carte di credito. E proprio quest’ultimo aspetto era quello di cui si occupava l’italiano: un soggetto considerato ‘vip’ tra i frequentatori della community che ha un passato di gestore di sale scommesse online. Secondo quanto accertato dalle indagini, l’organizzazione aveva focalizzato proprio la sua attività sulla compravendita di migliaia di carte di credito rubate o anche clonate, di codici di verifica (Cvv) per l’uso delle stesse carte on line, di codici di accesso a servizi di home-banking e di altri dati personali e riservati appartenenti a migliaia di vittime in tutto il mondo. Per rendere ancora più difficile il lavoro delle forze di polizia che erano sulle sue tracce, l’organizzazione utilizzava ‘Liberty Reserve’, una piattaforma di scambio di cryptomonete virtuali utilizzata in passato da criminali di tutto il mondo per il compimento di attività illecite e chiusa nel 2013 dagli Stati Uniti al termine di un’indagine che si concluse con la condanna del fondatore Arthur Budovsky a 20 anni di reclusione per riciclaggio internazionale.