Ci sentiamo in dovere di fare una premessa: è ingiusto che Eugenio Di Santo sia considerato come il demonio della politica di Sant’Arpino. L’unico amministrativamente pericoloso. Negli ultimi 20 anni la città atellana, punto di riferimento socio-culturale per molti comuni limitrofi, è finita nelle sabbie mobili di un lento degrado scivolando via via sempre più in basso. Tutto si può dire contro l’ex sindaco tranne che sia solo colpa sua. Sarebbe ingeneroso e falso. Campania Notizie è al di sopra di ogni sospetto. Quando Di Santo è incappato in seri guai giudiziari lo abbiamo, giustamente, crocifisso. Ma eravamo e siamo tuttora convinti che per la famigerata vicenda del braccialetto “tennis” Di Santo meritasse anche una condanna per stronzaggine con tanto di manifesto pubblico. Lungi da noi sminuire la gravità del reato penale ma all’epoca dei fatti l’allora primo cittadino godeva di un patrimonio milionario in gran parte ereditato dalla sua famiglia. Scivolare su un campo da tennis ha comportato una figuraccia politica, questo è fuori di dubbio, ma ancor di più personale. Allo stesso tempo detto va detto che di puritani che possono permettersi il lusso di definirsi tali in giro non se ne vedono tanti. Così come va sempre precisato che non tutti gli amministratori sono uguali. Non tutti rubano. Non tutti pensano solo ai c… propri. Siamo fermamente convinti che dire che sono tutti ladri equivale a dire che nessuno è ladro.

Così come consideriamo, sembrerà un paradosso, più gravi altri guai commessi da Di Santo rispetto al “caso tennis”. Anomalie che scavando a fondo assumono contorni pochi chiari. Abbiamo ad esempio scoperto che l’allora sindaco e suoi familiari non hanno versato gli oneri di urbanizzazione (una parte della Bucalossi) per un permesso di costruire, il n. 36, rilasciato al padre Francesco Di Santo nel 2001 (in calce all’articolo tutta la documentazione). La licenza prevedeva la realizzazione di “18 unità abitative e di un capannone”. Come mai il mancato pagamento viene a galla solo ora? Con l’insediamento dell’amministrazione marcata Giuseppe Dell’Aversana il Comune, su indicazione del nuovo sindaco, predispone una verifica della disastrosa situazione finanziaria con l’obiettivo, tra l’altro, di scovare gli evasori al fine di avviare il risanamento dell’Ente. Nel settore Urbanistico emergono decine di casi in cui non sono stati versati tutti gli oneri previsti dalla legge n. 10 del ’77 (Bucalossi). Tra questi balza agli occhi quello che riguarda la famiglia Di Santo. L’importo mai versato ammonta alla bellezza di oltre 27mila euro. Partono le ingiunzioni di pagamento per tutti i cittadini che non sono in regola. Si scopre però che nei confronti dei Di Santo il Comune si deve attaccare al tram. La somma da versare è prescritta essendo trascorsi 10 anni. Sì, avete letto bene. In 10 anni e con Di Santo sindaco dal 2008 al 2013 non ci sono stati atti interruttivi della prescrizione.

Possibile mai che né l’allora primo cittadino né gli uffici preposti si siano adoperati per fare incassare all’Ente la somma di oltre 27mila euro? È possibile, eccome. Infatti Di Santo e i suoi familiari non cacceranno un euro. Lasciamo da parte per un attimo i funzionari comunali. Che pure hanno delle gravi responsabilità. E facciamo un piccolo ragionamento su Di Santo. Durante il suo mandato poteva non sapere che per quel permesso di costruire che poi ha fruttato milioni di euro non erano stati pagati gli oneri di urbanizzazione? Nutriamo più di un dubbio. Avrebbe quindi potuto provvedere per conto suo al pagamento della Bucalossi senza nemmeno aspettare gli uffici. Anzi avrebbe dovuto sollecitare i funzionari per accelerare l’iter e mettere le carte a posto quanto prima. Per un sindaco è il minimo. Altrimenti che credibilità ha nel pretendere che i suoi concittadini paghino tributi, oneri concessori e tutto quello che gli è dovuto? Di Santo invece è ricorso all’arma della prescrizione. Almeno così appare evidente dal carteggio tra i responsabili comunali e i suoi parenti. Lui incluso.

Sulla base di un decreto sindacale il responsabile dell’area tecnica Pietro D’Angelo il 16 gennaio 2018 ingiunge il pagamento di 27.213 euro agli eredi di Francesco Di Santo. Nel marzo dello stesso anno l’ex sindaco e la sua famiglia presentano un’istanza in autotutela chiedendo l’annullamento del provvedimento in quanto “decorsi più di 10 anni e in mancanza di validi atti interruttivi il credito è prescritto”. Sulla scorta delle controdeduzioni di Di Santo e dei suoi parenti l’11 aprile del 2018 il responsabile Lucio Donnarumma conferma che il Comune non può più incassare la somma perché è scattata la prescrizione. Il 20 aprile dello stesso anno il funzionario adotta una determina con cui annulla l’ingiunzione di pagamento. Eugenio Di Santo e i suoi parenti hanno risparmiato oltre 27mila euro. Beati loro. Sotto il profilo burocratico, morale, amministrativo e politico di chi è la colpa? Non chiedetelo ai cittadini di Sant’Arpino che pagano fino all’ultimo centesimo di tributi e balzelli vari. La risposta sarebbe un bel “vaffa”. Ci associamo. Un’ultima cosa. L’ex sindaco Di Santo ora gestisce un’agenzia immobiliare. Chissà se applica lo sconto Bucalossi…

Mario De Michele

 

PERMESSO DI COSTRUIRE

INGIUNZIONE DI PAGAMENTO

RICHIESTA FAMIGLIA DI SANTO DI ANNULLAMENTO

COMUNICAZIONE DI PRESCRIZIONE

DETERMINA ANNULLAMENTO PAGAMENTO

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