È morta la sera di domenica 10 febbraio, dopo una giornata di convulsioni insorte dopo un probabile ictus. Una fine vissuta tra spasmi in un letto del reparto di medicina sotto gli occhi impotenti dei familiari, senza privacy, tra altri degenti, nell’orario di visita e con cure, a detta di uno dei figli che ha sporto denuncia, limitate a qualche fiala di valium. Uno strazio per i figli e i familiari e una dolorosa agonia per una donna di 62 anni, malata di cancro alla laringe in uno stadio avanzato. Ricoverata in ospedale, su consiglio dell’oncologo che l’aveva in cura, e giunta al Fatebenefratelli il 7 febbraio scorso, per una febbre che non passava. Ecco la versione di Giannandrea D’Angelo, uno dei figli della vittima. «Mia mamma è arrivata in ospedale giovedì 7 febbraio. Tengo a precisare che aveva un tumore in stadio avanzato ma non era terminale. Aveva un dolore a una gamba e la febbre, non poteva camminare e per questo abbiamo chiamato il 118. In ospedale le hanno dato la tachipirina. Il giorno dopo, ricoverata in medicina, era senza febbre ma ha iniziato ad accusare torpore, l’appannamento della vista e l’arrossamento di un occhio. È stata trattata con assoluta superficialità da parte del personale medico e infermieristico». Domenica 10 febbraio la situazione è precipitata. «Siamo stati chiamati da un vicino di letto. Mia mamma stava male e ho sentito la voce dell’infermiere che sottovalutava la situazione. In tutto il tempo intercorso per giungere in ospedale non è stato fatto nulla». Il medico di guardia solo alla fine ha praticato una Tac da cui non sono emerse emorragie in atto ma i segni di un ictus trattato, pare, con terapia antiaggregante e solo con fiale di valium per le convulsioni che non hanno sortito effetto. «A mia madre dice D’Angelo – è stata negata la possibilità di una morte dignitosa e serena lasciandola agonizzare in un letto. Abbiamo presentato una querela perché in futuro nessuno debba patire questa odissea».

 

 

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