La decisione della Corte Costituzionale di bocciare il Bilancio comunale, dando ragione alla Corte dei Conti della Campania, apre uno scenario nuovo che potrebbe far riemergere lo spettro del default per il Comune di Napoli. Adesso l’Esecutivo partenopeo sarà costretto a rifare daccapo i conti e ricalcolare il disavanzo, che a seguito di quanto sentenziato della Consulta potrebbe schizzare da 1,7 miliardi a 2,7. Una doccia gelata per il sindaco Luigi De Magistris. I giudici della Corte Costituzionale hanno stabilito che i prestiti ottenuti dal Governo per pagare i debiti comunali non possono essere utilizzati per andare a migliorare il disavanzo, liberando risorse per fare altre spese e investimenti. La sentenza spiega che l’inidoneità delle anticipazioni a rimuovere situazioni di deficit strutturale deriva non solo dal contrasto con l’articolo 119, sesto comma, della Costituzione, ma anche da dati elementari dell’esperienza, secondo cui solo un investimento efficace assicura, attraverso positivi effetti sul patrimonio della comunità di riferimento, la compensazione con i debiti che si contraggono attraverso l’assunzione del prestito.

“Ora intervenga il parlamento. C’è un vuoto normativo che il legislatore deve riempire quanto prima”. Questa la dura reazione del vice sindaco con delega al bilancio, Enrico Panini, che continua: “La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 4, ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 6, del Decreto Legge 19 giugno 2015. Tale sentenza sancisce il divieto di utilizzare le anticipazioni di liquidità in conto Fondo crediti dubbia esigibilità. Le anticipazioni di liquidità sono prestiti fatti ai Comuni nell’anno 2013 per pagare debiti pregressi di fornitura ai creditori dell’Ente. Il Comune di Napoli, come tanti altri, in ossequio all’articolo dichiarato ora incostituzionale, ha ritenuto che le anticipazioni di liquidità dovessero essere considerate in conto Fondo crediti di dubbia esigibilità, mentre la Corte costituzionale ritiene che tale anticipazione sia aggiuntiva rispetto al Fondo e, pertanto, dovesse essere inserita nel risultato di amministrazione”. Per il vicesindaco “tale pronuncia ha il duplice effetto di richiamare, da un lato, il legislatore statale sulla necessità di rispettare il dettato costituzionale dell’art.119 in merito alla necessità di trasferire risorse al fine di consentire l’erogazione di servizi e prestazioni costituzionalmente necessarie, dall’altro essa coinvolge centinaia di amministrazioni comunali che, nel corso del tempo, hanno utilizzato tale norma, oggi dichiarata incostituzionale. Il Comune, pur adeguandosi a tale pronuncia evidenzia Panini – secondo tempi e modalità che dovranno essere definiti, ritiene indifferibile un immediato intervento legislativo al fine di colmare le disuguaglianze scaturite da una sentenza che non ha tenuto conto della peculiarità della anticipazione di liquidità e della armonizzazione contabile”. Di tutt’altro avviso è il presidente della commissione Trasparenza, Domenico Palmieri, per il quale “questa sentenza farà sollevare, tutta in una volta, la polvere che l’amministrazione comunale ha nascosto per anni sotto il tappeto, aggravando ulteriormente la gestione di Bilancio e le difficoltà ad erogare i servizi alla cittadinanza. Torna di attualità anche la possibile dichiarazione di dissesto finanziario, sebbene per i napoletani cambi poco, dato che le tasse già sono al massimo e i servizi pubblici come i trasporti, i rifiuti e la manutenzione urbana sono inesistenti”.

In tutta la difficile partita che adesso il Comune di Napoli dovrà affrontare resta però un tema tutto politico. Quando nel 2011 è stato eletto per la prima volta De Magistris si è sempre puntato il dito contro le amministrazioni precedenti per i conti disastrati. Ma l’anno prossimo si dovrà tornare alle urne e stando a quanto emerso stamattina il futuro sindaco erediterà un disavanzo di oltre due miliardi e mezzo di euro.

 

 

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